La Biennale di Venezia,concluso il cinema, ha inaugurato il 48/mo Festival Internazionale del Teatro. A Mariangela Gualtieri, alla sua scrittura che celebra la natura e invita la comunità del pubblico all’ascolto, c è affidata l’inaugurazione del Festival, al Teatro Goldoni. Voce che apre – con testi quasi integralmente inediti – è uno dei preziosi riti sonori di Mariangela Gualtieri, “costretto a mutar di segno nel tempo sospeso della pandemia”, come dichiara la poetessa, che tutti hanno imparato a conoscere per i versi di nove marzo duemilaventi. Codicillo: “so che tutti i compagni d’arte di questa Biennale Teatro sono con me, solidali in questo atto di pietà e compassione”. Tra poesia scritta e tradizione orale, il verso della Gualtieri – che come l’officiante di una cerimonia laica, si fa tramite di un canto che nasce “a ridosso della scena” – è immerso nell’atmosfera visiva del regista Cesare Ronconi, compagno di strada nel Teatro Valdoca. Il 14 settembre è anche stata la giornata dei Leoni del Teatro, che vede premiati – nell’Arena dei Giardini – Franco Visioli, musicista e sound designer, con il Leone d’oro alla carriera, e Alessio Maria Romano, pedagogo, regista e coreografo, con il Leone d’argento. “I Leoni dati in questi anni – afferma il direttore Antonio Latella – sono stati fondamentali per rafforzare le tematiche scelte nella programmazione. Così, anche nel 2020, si premiano artisti che danno e fanno tantissimo per il teatro, ma che spesso restano in seconda linea”. Il Leone d’oro alla carriera a Franco Visioli, che con la sua drammaturgia musicale ha accompagnato quasi tutti i lavori di Massimo Castri ma anche di Thierry Salmon, di Peter Stein, dello stesso Latella, vuole essere un riconoscimento a una figura “che, nel teatro, spesso condiziona la riuscita di uno spettacolo. Il suono è sempre stato fondamentale per uno spettacolo, spesso è stato ed è uno spazio sonoro che riesce a sostenere la regia laddove non riescono a farlo scenografi o costumisti, e in alcuni casi gli attori stessi”. Allo stesso modo il Leone d’argento Alessio Maria Romano, che ha collaborato a tanti spettacoli di Luca Ronconi, mette sotto i riflettori un’altra figura fondamentale nel teatro, che è il pedagogo, “colui che dà inizio al tutto, occupandosi di trovare ed esaltare talenti prendendosene cura fin dagli esordi” (A. Latella). Entrambi i premiati presentano alla Biennale due opere in prima assoluta, ugualmente ispirate dal tema della censura scelto per il Festival: al Teatro alle Tese in scena Bye Bye di Alessio Maria Romano e alle Tese dei Soppalchi Ultima latet, che vede Franco Visioli cimentarsi per la prima volta alla regia.“Bye Bye nasce come una creazione collettiva in cui io e la drammaturga Linda Dalisi abbiamo semplicemente messo insieme i pezzi. Si tratta di frammenti che fotografano differenti possibilità, a cui viene però negata qualsiasi completezza, come accade a quei libri, film, spettacoli, quadri, idee, a cui la censura ha sottratto il diritto a essere compiuti. Dov’è la logica che spiega questa mutilazione? Bye Bye è un concerto in cui la musica la fanno i cinque performer Ornella Balestra, Filippo Porro, Andrea Rizzo, Valerie Tameu e Isacco Venturini che insieme all’intera squadra tecnica e artistica hanno messo a disposizione le loro storie e le loro azioni per un atto di scelta e ricordo. Bye Bye è un omaggio a tutte le donne e a tutti gli uomini che il potere di turno ha nascosto ed eliminato, ‘bucando’ le loro vite in nome di un’idea di ‘giustizia’. Un concerto per tutti noi che cerchiamo disperatamente di colmare i nostri buchi e di costruire” (A. M. Romano). Ultima Latet prende le mosse dalla Montagna incantata di Mann, testo ossessione che Visioli vede portato alla luce dal corpo di due donne, due attrici – Alice Torriani ed Elisabetta Valgoi – che in qualche modo si somigliano. “Sono le pupille della vita, coloro che diventano nel medesimo tempo testimoni e occhi dello scorrere lento e inesorabile della malattia che le rende complici e avversarie. Il luogo d’azione è un luogo di cura, ma anche un luogo sconosciuto e per questo temuto, un luogo dove la censura viene esercitata al contrario. Chi è censurato qui è il sano, colui che abita la pianura, fonte di malessere e di miasmi originari. Il malato diventa protagonista proprio in virtù della malattia che si porta addosso e che lo spinge all’introspezione, a domandarsi quale sia il limite percorribile per affrontare, quando dovuto, il momento finale” (F. Visioli). Lo spettacolo in replica il 15 settembre sempre alle Tese dei Soppalchi (ph Biennaleteatro).