Il “caso” di usare la chiesa veneziana S. Maria della Misericordia, anche se abbandonata, ad uso di moschea è destinato ad essere archiviato, anche se sugli aspetti amministrativi – e forse penali – ci saranno seguiti. Si è appreso infatti da un vertice nella prefettura di Venezia (ben tre riunioni del Comitato per l’ordine e la sicurezza) che se entro il 20 maggio il responsabile del padiglione dell’Islanda non presenterà il nulla osta della Curia patriarcale, per un uso della chiesa diverso da quello di culto cattolico, sarà fatta rispettare la prescrizione del Comune che impone il documento per mantenere aperto lo stesso padiglione. L’installazione (“The Mosque: the first mosque in the historic city off Venice”), rappresenta l’Islanda alla Biennale Arte 2015. A realizzarla è stato l’artista svizzero Christoph Büchel, noto per le sue provocazioni a carattere politico. Chi ha allestito il padiglione ha sempre garantito che si trattava solo di una ricostruzione di una moschea e non certo di un luogo di preghiera. Inoltre aveva dovuto presentare due progetti, perché il primo era sbagliato. All’interno c’è il mihrab, l’abside che indica la direzione della Mecca, il minbar, cioè il pulpito per l’imam da dove pronuncia l’allocuzione e ancora i tappeti, i mosaici che riportano i versetti del Corano e uno spazio dedicato all’approfondimento del culto. In questi giorni il luogo è stato frequentato da centinaia di musulmani, ma domenica 12 maggio non è stato aperto. La Curia patriarcale, nei giorni scorsi, in una nota ha precisato che non ha intenzione di dare alcun permesso. A parlare per la Curia è stato l’architetto don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i beni culturali ecclesiastici, il quale ha sostenuto che l’artista svizzero Büchel ha voluto sfruttare “il nome di Venezia come vetrina, portandosi a casa il suo guadagno in fatto di fama”.