Nel dibattito sui bambini digitali e sui rischi (immediati o ancora da accertare) si è inserito Alessio Vieno, docente e responsabile scientifico di Lab Id, laboratorio di ricerca e intervento su internet e dipendenza dell’università di Padova. Vieno è stato intervistato da Il Bo Live. “La letteratura scientifica in questo ambito è in divenire – ha spiegato -. L’uso della tecnologia diventa problematico quando inizia a invadere tutti gli ambiti della vita quotidiana. Oggi ci si chiede dove collocare questa problematicità: siamo di fronte a un fenomeno che abbiamo ancora difficoltà a incasellare nella categoria della patologia. Ma allora che cosa si può fare? Innanzitutto è importante che questa discussione continui”. Sull’argomento ha scritto un testo Francesca Boiccaletto su Bo Live, il giornale web dell’ateneo di Padova. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha inserito il gaming disorder nell’International classification of diseases (Icd), definendolo malattia mentale, e la Società italiana di Pediatria evidenzia i rischi relativi a un uso eccessivo dei dispositivi elettronici da parte dei bambini: “L’uso dei touchscreen potrebbe interferire con lo sviluppo cognitivo dei bambini – come pubblicato sul sito della Sip – perché questi hanno bisogno di un’esperienza diretta e concreta con gli oggetti in modo da affinare il pensiero e la capacità di risolvere i problemi”. L’allarme è stato lanciato, ma c’è chi sostiene che sia prematuro definirlo un disturbo mentale. Va segnalato che il 21 giugno scorso The Guardian ha pubblicato un articolo, firmato da Nicola Davis, dal titolo Screen time harm to children is unproven, say experts, in cui si commenta la recente decisione dell’Oms e si fa il punto sulla questione che da tempo anima il dibattito tra esperti, partendo da una valutazione delle conseguenze sui più piccoli: i bambini possono/devono utilizzare i dispositivi digitali? Quanto, quando? L’iperconnessione può causare davvero disturbi mentali? “Gli esperti sostengono che non ci siano prove evidenti a sostegno del timore che il tempo passato davanti allo schermo sia intrinsecamente dannoso per i bambini. Il riconoscimento del cosiddetto disturbo da gioco da parte dell’organizzazione mondiale della sanità è prematuro”, ha scritto Davis che ha indicato Andy Przybylski, professore associato e direttore della ricerca presso l’Oxford internet institute della prestigiosa università inglese, per il quale il 99% del benessere di un bambino potrebbe essere attribuito a fattori estranei al tempo trascorso davanti allo schermo. Così Pete Etchells, senior lecturer in Psicologia e comunicazione scientifica alla Bath Spa university, il quale evidenzia la mancanza di prove a sostegno della tesi dell’Oms ha detto: “Non è necessariamente sbagliato, è prematuro”.