Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli (nella foto) ai lavori del convegno “Tasse…Le cambiamo?” Come ridurre la pressione fiscale e far emergere l’economia sommersa che si è tenuto a Roma, presente tra gli altri il vice ministro Stefano Fassina. “La stagione difficilissima, che tutti speravamo si esaurisse nell’anno in corso – ha detto Sangalli - purtroppo prosegue. Nel primo semestre di quest’anno hanno chiuso i battenti più di 240 mila imprese, di cui oltre la metà appartenenti ai servizi di mercato. Questo ci porta, purtroppo, a stimare per i servizi un saldo negativo a fine anno di oltre 80mila imprese, peggio dello scorso anno. Per i consumi, che sono tornati ai livelli del 2000, prevediamo per quest’anno un’ulteriore contrazione intorno al 3%; si fa ancora più profondo il divario tra Nord e Sud; si sta depauperando irreversibilmente il tessuto produttivo del nostro Paese”. ”I segnali di ripresa – ha aggiunto Sangalli – sono troppo deboli e incerti per indurre all’ottimismo. Infatti l’Italia è più povera e sempre meno fiduciosa nel futuro, un’Italia in cui imprese e famiglie sono stremate”. Sangalli ha poi ricordato che “dobbiamo constatare che siamo di fronte ad una vera e propria emergenza economica e sociale che ha superato il livello di guardia con oltre 4 milioni e 800 mila persone in condizione di povertà assoluta nel 2012. E se non si rimette in moto la domanda interna, l’Italia produttiva non riparte e i “conti” non tornano: neppure sul versante della finanza pubblica”. “Nell’immediato quindi – ha sottolineato il presidente di Confcommercio – va innanzitutto scongiurato l’ulteriore aumento dell’Iva. E interpretiamo l’eventuale e ulteriore slittamento al prossimo 31 dicembre anche alla luce di una necessaria riflessione da parte del Governo per trovare le coperture necessarie per la definitiva cancellazione. Non vediamo, infatti, alternative a questa decisione perché l’aumento sarebbe un’ulteriore mazzata per famiglie ed imprese e costituirebbe un colpo mortale per la domanda interna per consumi e investimenti che, ricordo, rappresenta l’80% del Pil. E voglio anche escludere che le risorse per cancellare l’aumento dell’aliquota dal 21% al 22% vengano trovate con una rimodulazione delle aliquote Iva ridotte perché questo sarebbe, comunque, un aumento netto di imposizione e andrebbe, in ogni caso, a penalizzare le fasce più deboli e gli incapienti. E purtroppo è già successo con l’Iva sugli alimenti e sulle bevande venduti tramite i distributori automatici che il Governo ha deciso di aumentare dal 4% al 10% a partire dal 1° gennaio 2014 per finanziare l’Ecobonus”. “Riteniamo essenziale – ha aggiunto Sangalli – anche la revisione dell’Imu sui beni strumentali delle imprese, compresi negozi ed alberghi, annunciata dal Ministro Zanonato, per i quali deve essere consentita la deducibilità non solo dalle imposte sui redditi ma anche dall’Irap. Dunque la priorità economica è quella di ridurre l’attuale pressione fiscale che è incompatibile con qualsiasi concreta prospettiva di ripresa. Bisogna, pertanto, evitare di cadere nella spirale perversa del solo rigore senza crescita. Proseguire, quindi, con maggiore decisione nel processo di ridefinizione del perimetro della funzione pubblica per un graduale, calendarizzato percorso di riduzione delle tasse. Decisione, peraltro, sollecitata dal Fondo Monetario e dalla BCE, che deve essere assunta ora: per rafforzare la fiducia delle imprese e dei lavoratori, dei cittadini e delle famiglie in un futuro diverso e migliore; per dare concretamente il senso di scelte di rigore che non contraddicono, ma, al contrario, alimentano crescita ed equità”. Ma tutto ciò, secondo Sangalli, ”si deve inserire in un più ampio contesto che preveda una riforma fiscale che renda più equo e moderno il nostro sistema impositivo. Occorre, quindi, approvare immediatamente il Disegno di Legge Delega per la “Riforma fiscale”, attualmente all’esame della Commissione Finanze della Camera dei Deputati”. “Il disegno di legge Delega recepisce alcune nostre proposte come il rispetto dei principi dello Statuto dei diritti del contribuente e, in particolar modo, della irretroattività delle norme tributarie; l’attivazione del “Fondo taglia-tasse” per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie, sulle imprese e sui lavoratori – bene, quindi, che il Presidente del Consiglio abbia proprio ieri rafforzato l’impegno del Governo su questo tema -; così come è stata recepita l’individuazione dei piccoli imprenditori esclusi dal pagamento dell’Irap per l’assenza dell’ “autonoma organizzazione. Si tratta di primi, significativi risultati di quell’azione politico-sindacale che da sempre ci vede in “prima linea” in materia di riforma del fisco e di riduzione della pressione fiscale. Ma accanto alla riduzione delle tasse resta davvero necessaria tanta semplificazione di un “barocco” sistema fiscale, che richiede alle imprese di sopportare, per far fronte agli adempimenti, costi amministrativi diretti per circa 30 miliardi di euro l’anno”. Il Premier Letta ha giustamente detto: “Lo Stato deve rispettare le regole”. Lo Stato quindi onori i suoi debiti nei confronti delle imprese, paghi tempestivamente e garantisca, comunque, la possibilità di compensare i crediti vantati nei suoi confronti con i debiti fiscali e previdenziali. Perché l’asfissia delle imprese per mancanza di liquidità è, troppo spesso, causata non solo dalla restrizione creditizia, ma anche da uno Stato che non onora i suoi impegni e che rende salatissimo il conto delle tasse da pagare”. ”Ancora il Presidente Letta ha affermato “sulla competitività dell’Italia pesa l’economia in nero […] distorce la concorrenza e produce inefficienza”. Allora affrontiamo con più determinazione queste patologie. E per combattere evasione ed elusione, si sono rafforzati gli strumenti di accertamento, l’anagrafe dei rapporti finanziari, la selettività degli studi di settore. Tutto utile, certo, a condizione che l’agibilità effettiva del contraddittorio con l’amministrazione finanziaria sia sempre garantita. Abbiamo bisogno, sul terreno fiscale, di un patto tra tutti i contribuenti in regola, quale che sia il loro ambito di attività, e tra questi contribuenti, le istituzioni e l’amministrazione finanziaria, per aprire finalmente una stagione in cui le tasse e la crescita non siano più incompatibili”. “Con l’analisi presentata dal nostro Ufficio Studi – ha concluso Sangalli - abbiamo voluto dare un contributo alla riflessione per un fisco più moderno, più efficace, più funzionale. Così abbiamo provato a cifrare quanta evasione si potrebbe recuperare attraverso: il miglioramento dei servizi pubblici; la semplificazione del sistema fiscale; la maggiore efficienza della giustizia civile; la riduzione delle aliquote legali. E’ un contributo che forniamo nel convincimento che la costruzione di un fisco “più equo, trasparente e orientato alla crescita” resti una questione urgentissima, cui occorre dare tempestiva soluzione”. Ecco i dati dallo studio di Confcommercio sulla pressione fiscale, e in particolare sull’evasione. Il sommerso in Italia è stato calcolato pari all 17,4% del Pil, un valore da record rispetto agli altri paesi occidentali, e ogni anno al Fisco sono sottratti 272 miliardi di base imponibile. Lo afferma la Confcommercio in uno studio presentato a un convegno sulla pressione fiscale. Nella classifica dei paesi economicamente avanzati e le attività in nero – secondo l’ufficio studi dei commercianti – l’Italia svetta con un 17,4% del Pil, seguita da Messico (11,9%), Spagna (9,5%), Regno Unito (6,7%), Usa (5,3%), Svezia (4,7%), Austria (4,7%), Francia (3,9%) e Irlanda (3,3%). In Italia la pressione fiscale “effettiva” è al 54% del Pil, il valore più elevato tra i paesi occidentali. Nel 2013, nella graduatoria sui paesi economicamente avanzati e la pressione fiscale “legale” (il gettito osservato in percentuale del Pil emerso) – secondo l”ufficio studi – l’Italia primeggia con il 54%, seguita da Danimarca (51,1%), Francia (50,3%), Belgio (49,3%), Austria (46,8%) e Svezia (46,7%). Gli italiani, è detto in una nota di Confcommercio, “sono un popolo di pagatori di tasse”. Tra i paesi occidentali, infatti, l’Italia è quarta (al pari dell’Austria) nella classifica relativa alla pressione fiscale “apparente”, con una percentuale pari al 44,6% del Pil nel 2013 (l’anno scorso era più bassa, al 44,3%). Al primo posto, invece, c’è la Danimarca (50,1%), seguita dalla Francia (48,3%) e dal Belgio (47,9%). I paesi con la pressione fiscale apparente meno rilevante sono invece Stati Uniti (26,4%), Giappone (29,9%), Spagna (33,2%), Grecia (35,7%), Portogallo (36,8%) e Regno Unito (37,7%). A questi dati ha fatto seguito una dichiarazione del pres. del Veneto Luca Zaia: ”come negare che esiste certamente un’evasione di sopravvivenza? Fassina ha fotografato una situazione che qui nel Nord est sta diventando drammatica. Diro’ di piu’: per le nostre 600 mila partite Iva lo spartiacque; e’ ormai fra pagare le imposte o morire. E le misure anti-evasione che ciclicamente vengono adottate dai governi non fanno altro che peggiorare la situazione”, ha detto Zaia commentando le parole pronunciate dal viceministro all’economia, Fassina, di fronte alla platea di Confcommercio. ”Le nostre imprese, quelle che danno lavoro e Pil a tutto il Paese, vivono immerse in un meccanismo impositivo che oscilla fra il 60 e il 65% – ha concluso Zaia – mentre a un’ora e mezza da qui, in Carinzia, con il contribuente si stabilisce un patto chiaro e duraturo per una aliquota intorno al 25%. In questo modo abbiamo gia’ perduto 700 aziende e 13 mila posti di lavoro. E vediamo ogni anno andare in fumo ben 18 miliardi di residuo fiscale attivo, che il Veneto manda a Roma insieme a sole altre quattro regioni italiane”.
CONFCOMMERCIO SU PRESSIONE FISCALE, SOMMERSO ED EVASIONE. DATI PREOCCUPANTI UFFICIO STUDI CONFEDERAZIONE COMMERCIANTI
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