Sono oltre duemila i pezzi di origine egizia conservati in collezioni private e pubbliche tra Venezia, Padova, Rovigo e Verona. Ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Università di Padova hanno deciso, dieci anni fa, di ricostruirne la storia, di tracciare il viaggio degli esploratori veneti che li riscoprirono, e di valorizzare i materiali egizi ed egittizzanti custoditi in musei e istituzioni culturali del territorio per offrire occasioni di ricerca e conoscenza. Nasceva così, nel 2008, il Progetto EgittoVeneto, coordinato dal prof. Emanuele M. Ciampini, docente di Egittologia a Ca’ Foscari, e dalla prof.ssa Paola Zanovello, docente di Archeologia Greca e Romana all’Università di Padova, con il supporto della Regione Veneto insieme con la Soprintendenza Archeologica del Veneto, il Centro Musei di Ateneo, i direttori e responsabili dei Musei coinvolti, e della Fondazione CaRiPaRo. Al progetto collabora ora un team operativo di ricerca (Claudia Gambino, Giulia Deotto e Martino Gottardo), con la consulenza di studiosi, tecnici e specialisti di varie discipline: dall’egittologia e lo studio delle province romane, all’informatica e la comunicazione, all’archeometria e l’analisi dei materiali, al turismo e la valorizzazione dei reperti archeologici, afferenti ai diversi enti, partner della ricerca. (Foto Cariparo/CF). Sull’argomento ha scritto un testo sul magazinenews di CF Helene Duci. “L’intento di EgittoVeneto alla sua nascita – ha spiegato Emanuele Ciampini – era di organizzare le ricerche che avevano visto all’opera ex allievi dei due atenei che avevano operato individualmente su materiali egizi ed egittizzanti presenti in Veneto”. L’ampiezza del progetto si è ben presto delineata: “Grazie anche alla disponibilità delle collezioni della Regione, che ha messo a disposizione i dati in proprio possesso e un fondamentale supporto finanziario – ha continua Ciampini – abbiamo realizzato una mappatura, inventariazione e catalogazione delle collezioni locali, mettendo in luce una diffusione capillare dei materiali nel territorio: ne è risultato un database coordinato con la Soprintendenza Regionale. Già in questa fase preliminare sono state effettuate interessanti riscoperte, come i resti di mummia nel Museo Archeologico di Venezia, o gli oggetti del Museo Archeologico di Este”. Le prime ricerche hanno fatto emergere un vasto e poco conosciuto patrimonio che attesta i forti legami instauratisi nel tempo tra la Venetia (intesa come i territori appartenenti prima alla X Regio Venetia et Histria e poi alla Serenissima Repubblica di Venezia) e l’Egitto, con cui i primi contatti datano adirittura dell’età protostorica. Una “egittomania” di lunga data, quindi, nata dai rapporti intrattenuti già dagli antichi romani, quando il paese del Nilo era governato dai Tolomei, e continuati in area lagunare, da sempre proiettata nel Mediterraneo. Iniziarono così a giungere nell’area di influenza romana, nel tempo, merci, culti e persone che provenivano dal territorio alessandrino. Ampie collezioni si sono formate nel Rinascimento, alimentate poi dai viaggi soprattutto ottocenteschi di avventurieri e esploratori. A Venezia si conservano in particolare due nuclei storici di reperti, giunti in laguna grazie all’interesse della famiglia Grimani e, successivamente, di Girolamo Zulian, o a Verona del nobiluomo Scipione Maffei. Collezioni spesso già pensate per una valorizzazione museale, come è il caso a Rovigo di Giuseppe Valsè Pantellini, imprenditore rodigino vissuto in Egitto nel XIX secolo: la sua collezione è attualmente conservata presso l’Accademia dei Concordi di Rovigo e vanta da sola 500 reperti, tra cui cofanetti lignei, sigilli, steli e statuine. Il “pezzo forte” della collezione sono però due mummie, protagoniste di una recente mostra inaugurata il 14 aprile 2018 dalla Fondazione CaRiParo e ora esposte in Cina: un adulto e un infante, soprannominate Meryt e Baby. Il fitto mistero che le avvolge ha richiesto innanzitutto una meticolosa operazione di restauro, condotta su un tavolo anatomico nel percorso della mostra da una specialista del Museo Egizio di Torino, e verrà ulteriormente analizzato col metodo del carbonio C14, tac, indagini chimiche e la ricostruzione tridimensionale dei corpi, in collaborazione con l’Ospedale di Rovigo, il laboratorio del Museo Egizio di Torino e la Polizia Scientifica del Triveneto. La ricerca si presenta a tal punto ricca e avvincente da estendersi alle relazioni e alle storie di grandi viaggiatori veneti nei secoli, come l’anonimo mercante veneziano che risalì il Nilo nel XVI secolo o Giovanni Miani, per giungere alle recenti spedizioni archeologiche universitarie effettuate in Egitto e Nubia, come la missione archeologica italiana in Sudan, con un progetto nell’area palatina dell’antica città di Napata, ai piedi del Jebel Barkal, diretta dal 2011 dal prof. Ciampini, campo di formazione per giovani archeologi e personale scientifico di varie provenienze. Tra gli altri ambiti di ricerca che si sono aperti di recente anche il collezionismo di antichità, i viaggi alla scoperta dell’Oriente pre-classico e lo studio di documentazione d’archivio, che ha permesso di riprendere le ricerche in merito ad attività archeologiche condotte da studiosi italiani in Egitto, come Carlo Anti a Padova. Mentre, in programmazione, è la realizzazione di un museo virtuale e la mostra a Padova dedicata a Giovanni Battista Belzoni (1773-1823), nel bicentenario dalla morte del gentiluomo esploratore veneto che donò due statue della dea leontocefala Sekhmet al Palazzo della Ragione di Padova (oggi al Museo Archeologico degli Eremitani). Il progetto ha consentito di creare una rete, in evoluzione, di raccolte museali nel territorio veneto che comprendono materiali egizi o egittizzanti, e di aprirne la conoscenza e il confronto con altri specialisti del settore e con il pubblico, in un’ottica di archeologia partecipativa e di diffusione capillare (con mostre a Padova, Rovigo, Oderzo, Verona fino a Aquileia). La corretta conservazione e la valorizzazione dei beni stessi come parte di un tessuto culturale e storico della regione sono infatti tra gli obiettivi primari del progetto, che vuole configurarsi come ambiente di incontro e riflessione di ricerche incentrate sulle antichità egizie e come supporto attivo alle necessità delle collezioni italiane.