Anche un laico si emoziona, arrivando in un luogo come l’Abbazia di Praglia, nel comune padovano di Teolo, in prossimita’di Abano terme (zona Colli). Intanto perché è un luogo bello. E la bellezza suscita emozioni, soprattutto se è una bellezza intrisa di storia. L’architettura di questa abbazia – che l’abate dichiara essere la più bella del mondo, senza andare molto lontano dal vero – è mirabile perché non è mai fine a sé stessa, ma funzionale a una serie vastissima di attività. In più questo luogo scelto dai monaci di Benedetto per rilanciare il programma del fondatore, ora et labora, è inserito in maniera armoniosa nel contesto naturale, ai piedi di verdeggianti colline. E poi davanti vedi l’impronta umana – giardini curati, orti ben coltivati, generose vigne – che, cosa rara, non è meno armoniosa. Il tutto immerso in un silenzio interrotto solo dai rumori di lavori antichi. L’Abbazia di Praglia sembra un luogo fuori dal mondo sebbene ci sia. E lo è completamente, dicono i monaci. Non solo perché loro coprono un po’ tutte le attività del mondo: lavoro agricolo, artigianale, financo industriale; ma anche lavoro intellettuale (bellissimo il laboratorio per il restauro del libro). Ma anche perché, insistono i monaci, “noi siamo sempre in contatto stretto con il territorio”. L’Abbazia non è un luogo chiuso, sebbene abbia un’area di clausura, inaccessibile a chi monaco non è. È con questo spirito di curiosità e di rispetto che il vostro cronista, assolutamente laico, ha posto qualche domanda all’Abate (in realtà all’Abate emerito), sapendo bene che le sue risposte avrebbero toccato non solo le note usate del profano, ma anche quelle – inusitate per chi scrive – del sacro, dello spirituale. Nella sua intervista l’Abate Norberto aiuta a capire un mondo. Che non è il nostro ma che merita rispetto, perché si ripete rinnovandosi da oltre un millennio e mezzo. Ma l’Abbazia di Praglia è anche una istituzione. E non solo religiosa. Dal 1080, anno della fondazione, è anche un centro di produzione e trasmissione di cultura. È un’istituzione culturale che ha disegnato, in tutte le dimensioni tangibili e intangibili, il paesaggio monastico del Veneto. E non a caso oggi questa vocazione viene rinnovata, come spiegano Giammario Guidarelli ed Elena Svalduz, dell’Università di Padova, che coordinano il ciclo di seminari Armonie composte che si snoda, appunto, intorno al tema del paesaggio monastico. È, questo ciclo di seminari, un momento alto della collaborazione tra le due più antiche istituzioni culturali di questa parte del Veneto: l’Abbazia di Praglia, che come abbiamo detto nasce nel 1080 e si avvicina pertanto al suo 940esimo compleanno, e l’Università di Padova, che nasce nel 1222 e si accinge a celebrare il suo 800/mo compleanno.
Sì, anche il cronista sente tutta l’emozione di questa rinnovata collaborazione fondata sulla bellezza e intrisa di storia. Pietro Greco (per Il Bo Live, il giornale web dell’ universita’di Padova) ha intervistato: Norberto Villa, abate emerito Abbazia di Praglia; Elena Svalduz, dipartimento Beni culturali – Unipd; Gianmario Guidarelli, dipartimento Ingegneria civile edile e ambientale – Unipd. Intano va segnslato che Armonie composte è organizzato dai dipartimenti di Beni culturali e Icea dell’Università di Padova, con il contributo di Fondazione Cariparo. L’edizione 2019 dedicata al tema dell’acqua si terrà dal 16 al 18 maggio presso il Centro congressi dell’Abbazia di Praglia. A curare il programma 2019 sono Dario Canzian e Giovanna Valenzano dell’università di Padova. Tra i protagonisti del dibattito pubblico di chiusura del 18 maggio: Romano Prodi e Giuseppe Zaccaria. La segreteria scientifica e il coordinamento organizzativo sono affidati a Paola Vettore Ferraro. Il comitato scientifico è composto da docenti dell’università di Padova. (foto di Massimo Pistore).

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