La lingua dei segni italiana (LIS), insieme a catalana (LSC), spagnola (LSE), turca (TID), tedesca (DGS) e dei Paesi Bassi (NGT), avrà – per la prima volta – la sua grammatica di riferimento completa, in grado di descrivere tutti i fenomeni linguistici: fonologici, morfologici, sintattici e pragmatici. Potrà essere oggetto di test diagnostici che valutano i disturbi del linguaggio, avrà archivi della memoria culturale e linguistica grazie a video interviste a segnanti anziani e sarà connessa con le altre grazie al primo Atlante geografico delle lingue dei segni. Questi sono i principali obiettivi di SIGN-HUB, progetto europeo finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020, destinato a rappresentare una vera rivoluzione per la popolazione sorda segnante internazionale. Per l’Italia sono all’opera studiosi dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Milano-Bicocca, al lavoro insieme ad atenei di Spagna, Paesi Bassi, Turchia, Israele, Francia e Germania. SIGN-HUB, come ha ricordato nel magazinenews di Cà Foscari Federica Scotellaro, coinvolge 10 università di sette Paesi diversi, al lavoro su sei grammatiche delle lingue dei segni. Attraverso un approccio comparativo, il team di ricerca internazionale mira a preservare e diffondere le lingue dei segni, contribuendo a delineare più chiaramente la facoltà del linguaggio umano. Proprio nella sede dell’ateneo veneziano, si è tenuto di recente il primo workshop nazionale: “Il contributo dell’unità italiana al progetto SIGN-HUB: primi risultati”. Gli obiettivi finali del progetto, ai quali i ricercatori italiani stanno lavorando parallelamente ai loro colleghi internazionali, produrranno un impatto determinante nella didattica e nell’apprendimento delle lingue dei segni nella popolazione sorda e udente segnante di numerosi paesi. “SIGN-HUB è un progetto ambizioso, che sistematizza il lavoro sulle lingue dei segni svolto negli ultimi dieci anni in Europa anche grazie al precedente progetto COST, e che apre alle questioni cliniche, cruciali per migliorare la vita delle persone sorde – ha chiarito la professoressa Anna Cardinaletti, docente di Linguistica teorica e applicata e Linguistica clinica presso il Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati di Ca’ Foscari. – La conoscenza sempre più approfondita della lingua e della cultura delle comunità sorde favorisce l’integrazione tra le due comunità, sorda e udente, e un impegno comune per garantire accessibilità e inclusione”. A sua volta il prof. Carlo Cecchetto, docente di glottologia a Milano-Bicocca ha detto: “Le ricerche sulle lingue dei segni a livello internazionale hanno favorito il riconoscimento di queste lingue come lingue di minoranza. L’Italia resta fanalino di coda a livello europeo e il mancato riconoscimento ha effetti negativi sia per le persone segnanti, che spesso non hanno diritto all’interprete a scuola, negli ospedali o nei tribunali, sia per i non segnanti che hanno meno occasioni di entrare in contatto con i prodotti culturali espressi in LIS. Quale il primo passo? La creazione delle prime grammatiche di riferimento per le lingue dei segni di alcuni dei Paesi coinvolti, che conterranno elementi di contesto storico-sociale, fonologia, lessico, morfologia, sintassi e pragmatica”. Ma come si fa a scrivere una grammatica di una lingua visivo-gestuale, non scritta? Sarà un prodotto digitale e multimediale, dove il testo sarà accompagnato da video e immagini, accessibile a persone sorde e udenti dalla piattaforma web di SIGN-HUB. In arrivo novità anche sul piano medico-clinico con l’introduzione dei primi test diagnostici per valutare i disturbi del linguaggio in lingua dei segni. Nella popolazione udente, disturbi del linguaggio come l’afasia o i disturbi specifici del linguaggio, o disturbi dell’apprendimento come la dislessia sono attestati e trattati. Gli studiosi si aspettano che disturbi simili siano presenti nella popolazione sorda ma, ad oggi, non esistono test specifici in lingua dei segni in grado di diagnosticare se performance linguistiche di basso livello, in comprensione e produzione, siano dovute ad un apprendimento tardivo della lingua dei segni (frequente in bambini che nascono da genitori udenti) o da effettivi disturbi del linguaggio. I gruppi di ricerca stanno ora elaborando i test, che saranno somministrati da personale specialistico – affiancato da esperti in LIS – a segnanti che hanno avuto un danno cerebrale, segnanti con malattie neurodegenerative agli stadi iniziali, bambini segnanti con difficoltà di linguaggio, e a segnanti che non presentano patologie linguistiche in modo da determinare lo standard a cui fare riferimento. I test terranno in considerazione variabili come la situazione socio-linguistica di riferimento (ci si riferisce ad esempio ai bambini nati da genitori udenti), ponendo così attenzione all’età di acquisizione linguistica. In ambito culturale la grande novità sarà rappresentata dalla costruzione di archivi visuali in lingua dei segni realizzati attraverso raccolte di video interviste a sordi anziani. La lingua è un importante elemento distintivo culturale di una comunità ed è fondamentale preservarla. Le persone sorde fanno parte di una comunità linguistica minoritaria che si è formata per distinzione dalla maggioranza e accomunata dalla condizione di sordità. La lingua dei segni è diventata il nucleo centrale di questa comunità. La dott.ssa Chiara Branchini, del team di Ricerca e docente di lingua dei segni italiana a Ca’ Foscari, ha precisato come il lavoro di studio sulle lingue dei segni che il progetto persegue sia importante “perché contribuisce a consegnare alle comunità sorde strumenti cruciali per promuovere la loro identità culturale e linguistica con ricadute significative nella loro vita quotidiana. Non solo, studiare le lingue dei segni significa consegnare uno strumento linguistico prezioso anche alla comunità udente che sempre di più le utilizza come unico canale di comunicazione nelle sindromi (come l’autismo, la sindrome di Down o le disprassie) in cui l’uso della lingua vocale è impedito”.