Dai tetti coltivati alle piantagioni spaziali, passando magari per le colture subacquee: se ne parlerà all’International  Inventors  Exhibition, venerdì 14 ottobre (Pala Expo di Marghera), in un convegno promosso dall’Università di Bologna sul tema della “smart agricolture”. La riflessione di partenza è semplice: per sfamare il mondo, c’è bisogno di produrre maggiore cibo e quindi di utilizzare ogni spazio disponibile; ne discende la proposta di trasformare i capannoni industriali dismessi o mai utilizzati in grandi serre così come di coltivare tetti e pareti verticali degli edifici. L’orticoltura di città rappresenta quindi non solo un hobby, ma un nuovo approccio culturale, sfruttando le più recenti ricerche nel campo delle colture “fuori suolo” o idroponiche. Il confronto su colture in ambienti inusuali coinvolgerà anche lo spazio, per il quale c’è già chi sta studiando come impiantare un orto su Marte. L’arrivo del primo uomo sul “pianeta rosso” non è ormai lontano e, visto che il viaggio occuperà qualche mese, è ipotizzabile che la missione duri un periodo sufficientemente lungo da ritenere non sostenibile una dieta fatta solo di pillole e prodotti liofilizzati. Ne deriva la necessità di pensare a “serre marziane”, dove i prodotti agricoli assumeranno non solo un valore alimentare, ma avranno il ruolo di “cordone ombelicale” con la madre terra. “Coltivare la città diffusa” potrebbe essere lo slogan dell’impegno agricolo dell’International Inventors Exhibition che, dopo aver scelto Venezia come esempio della “città inventata”, valorizza il Veneto centrale  come esperimento di parco agroapaesaggistico metropolitano.

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