Intrecci politici, storie d’amore, scene dell’horror (sul cannibalismo), la vita, davvero discutibile, di un futuro Papa americano, eletto con il nome di Pio XIII, sono al centro di tanti film alla mostra del cinema di Venezia, edizione 2016. Appare agli spettatori, sempre numerosi, come un cercare di far colpo attraverso le pellicole prodotte in qualche parte del mondo ma con l’intendimento evidente di conquistare (e stupire) pubblico, critica e giuria. Tra le tante pellicole di queste ore il documentario, fuori concorso, sui visitatori-turisti maleducati e irriverenti al campo di concentrentamento di Austerlitz, curato da Sergej Loznitsa (nella foto). Un racconto in bianco e nero, senza commento, costruito sulle riprese a camera fissa, puntata sugli ingressi, le finestre di baracche, blocchi della morte, passaggi ai forni crematori o allo stanzone delle docce dalle quali invece dell’acqua usciva il gas. Una surreale e raggelante immersione, accompagnata solo dalle voci dei turisti e delle guide, in ciò che succede durante le visite ai campi di concentramento e memoriali tedeschi. Nel documentario c’è insomma la vergognosa documentazione di gente che mangia panini passando, da una baracca all’altra. E acnora picnic improvvisati nei prati delle adunate e delle esecuzioni, selfie davanti ai forni crematori, fingendosi legati al palo delle impiccagioni o insieme a mamma e papà, sorridenti, sotto la scritta “Arbaeit mach Frei”, posta dai nazisti sul cancello d’ingresso di questi luoghi di sterminio di miloni di ebrei, e non solo.