La Caritas di Bolzano e Bressanone non aumenterà il numero di profughi che attualmente gestisce attraverso 10 case di accoglienza con 450 persone, si occupa inoltre di una mensa che offre cibo ogni giorno a 150 migranti e s’è fatta carico di altri servizi tra cui uno sportello a Bolzano che dà assistenza ad altre 600 persone. E questo ogni mese. E’ l’impegno profuso dalla Caritas dell’Alto Adige ma che deve avere un limite, in altre parole, stando al direttore Paolo Valente. La Caritas non ha più la forza materiale di accogliere altri migranti. Valente ha detto all’Ansa che la Caritas ha deciso di orientare il suo mandato non più sulla quantità ma sulla qualità, puntando sull’integrazione e l’accompagnamento di coloro che escono da queste strutture. Valente ha sostenuto che quella dell’accoglienza non è più un caso di emergenza ma di pura procedura ordinaria: è divenuta una assistenza che deve essere svolta dai servizi sociali pubblici che si devono dotarsi al più presto di strumenti adeguati. Ritengo che l’accoglienza ordinaria sia di competenza primaria delle pubbliche istituzioni, ha sottolineato Valente. Crisi umanitarie dovute a conflitti, persecuzioni e discriminazioni per ragioni di fede religiosa, opinione politica o appartenenza a gruppi sociali o etnici minoritari: queste le motivazioni principali che spingono molte persone, nel mondo, a lasciare la loro terra. I profughi sono persone che, come molti dei nostri nonni – se pensiamo alla storia europea nella prima metà del ‘900 – sono state costrette ad abbandonare i loro Paesi. Non lo fanno per libera scelta ma per sottrarsi a violenze e povertà estrema. Alcuni di loro, nella loro fuga, si fermano in Italia e chiedono asilo. Durante l’attesa alla loro domanda la Caritas li accoglie temporaneamente in strutture apposite. In un recente servizio della Caritas è stato illustrato lo sforzo e l’impegno fisico ed economico del volontariato diocesano, San Vincenzo compresa. Si è appreso dunque che a Bolzano, Merano, Prissiano, Vandoies, Prati, Prissiano, Malles, Castelrotto, Bressanone e Brunico ci sono le case gestite dalla Caritas. Qui, i profughi non trovano soltanto un posto dove alloggiare. La Caritas offre loro corsi di lingua, consulenza legale, li sostiene e accompagna durante la procedura di domanda di asilo e in particolar modo nell’organizzazione della vita quotidiana. Ciascun richiedente asilo ha la giornata scandita da diverse attività: tutti sono tenuti ad aiutare nei lavori di casa, svolgere lavori di pulizia oppure lavare vestiti o biancheria secondo un piano di lavoro prestabilito. Si organizzano inoltre gite, occasioni di incontro con la popolazione locale, eventi sportivi per conoscersi meglio a vicenda e contemporaneamente migliorare la conoscenza della lingua italiana e tedesca. E’ un lavoro che richiede molto impegno, energie e tempo, ma favorisce – è detto dalla Caritas – l’integrazione a lungo termine dei rifugiati e, quindi, l’intera società. Tutte le misure volte a favorire l’integrazione sono organizzate in stretta collaborazione con volontari, associazioni e gruppi delle Caritas parrocchiali, per creare in questo modo una rete ampia di accoglienza e aiuto. Ma per il direttore Valente che ha rinnovato l’invito alle autorità competenti (soprattutto Viminale) a coinvolgere ora le istituzioni pubbliche, il problema è e sconvoltodivenuto di ordinaria amministrazione, dopo la fase dell’emergenza che ha interessato tante località da Lampedusa fino Bolzano: in altre parole, per Valente il bicchiere è stracolmo. Forse potrebbe tracimare: ecco perchè bisogna coinvolgere i servizi sociali pubblici, anche se il problema resta sempre a monte. Risolto quello dei rimpatri per coloro che non hanno diritto d’asilo, bisogna che l’Europa tuttae convinta, destini grosse risorse per lo sviluppo di quei Paesi per il bene delle loro genti che avranno modo di trovare nella loro patria lavoro e un briciolo di serenità di vita.

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