A Gorizia solenne cerimonia dedicata al centenario della presa della città da parte dell’Esercito Italiano (8 agosto 1916). Tra le autorità presenti il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi, la presidente del Friuli V.Giulia Debora Serracchiani, il sindaco di Gorizia Ettore Romoli e il comandante delle Forze operative terrestri dell’Esercito, generale Alberto Primicerj. La cerimonia, che si è svolta in piazza della Vittoria, con lo schieramento dei reparti e della fanfara della Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli, assieme ai labari delle associazioni combattentistiche e d’arma e al gonfalone di Gorizia decorato con Medaglia d’Oro al valor militare. Di particolare suggestione il lancio di quattro paracadutisti che, dopo essere atterrati davanti al palco delle autorità, fra gli applausi del pubblico, hanno consegnato al sindaco un tricolore. “Se Trento e Trieste furono i simboli che portarono l’Italia a entrare in guerra, Gorizia rappresentò il dramma e il sacrificio del primo conflitto mondiale”. Con queste parole ha aperto il suo intervento la presidente Serracchiani. Ha ricordato tra l’altro altre figure di irredentisti goriziani, anche Carolina Luzzato Coen, prima direttrice di un giornale italiano che “sepolta nel tricolore, riposa nel Cimitero israelitico di Valdirose”. Ma la guerra comportò dolore e sofferenza, per questo la presidente ha affermato che “non esiste una bella morte: rimangono a testimoniarlo le centinaia di migliaia di Caduti e i milioni di feriti, italiani e austroungarici, che dal giugno del 1915 all’autunno del 1917 si affrontarono in dodici battaglie spietate e sanguinose”. L’assedio alla città di Gorizia e la fuga dei civili sono i fatti sottolineati ancora da Serracchiani, la quale ha voluto tendere un filo storico che unisce la Redenzione alle delusioni di quel dopoguerra, gli insulti del fascismo e la “sofferta ferita della cortina comunista”. “La liberazione definitiva per Gorizia – ha concluso la presidente – è stata la nuova Europa, quella unita e dei popoli affratellati. Europa alla quale non vogliamo rinunciare, nemmeno di fronte alle attuali difficoltà, perché qui a Gorizia possiamo constatare nei fatti quale sia stata, e quale potrebbe ancora essere, l’alternativa alla pace”. Di prima meta raggiunta nella Grande Guerra, riferendosi alla presa di Gorizia dell’8 agosto 1916, ha parlato il sottosegretario Rossi, il quale ha poi attualizzato il messaggio valoriale di quell’esperienza affermando che “la piaga attuale del terrorismo si vince sul territorio non rinunciando ai nostri principi, fra i quali le origini cristiane della nostra società”. Il rappresentante del Governo ha voluto ringraziare il Friuli Venezia Giulia per aver ospitato, nel periodo della Guerra Fredda, le Forze Armate significativamente presenti sul territorio regionale per presidiare la parte più orientale del Paese, che rappresentava l’ultima frontiera dell’Occidente. Il sindaco rico ha ricordato ai giovani presenti quelli che combatterono per l’Italia. “Ma la Gorizia odierna – ha affermato Romoli – è una città che vive in un clima di pacifica convivenza e di progresso”. Di un Esercito italiano che oggi, in varie parti del mondo, alle popolazioni che si trovano in condizioni di difficoltà, porta speranze di democrazia e di pace, ha parlato il generale Primicerj, il quale ha rimarcato come quei valori siano gli stessi dei fanti che entrarono a Gorizia cento anni fa.