“Non c’è ancora accordo tra Stato e Regioni su come affrontare la piaga sociale del gioco patologico: la Conferenza Stato-Regioni, delle scorse ore, ha nuovamente rinviato il riparto del fondo nazionale di 50 milioni destinato a prevenire e contrastare gli effetti di questa dipendenza”. Nel riferire gli esiti del vertice tra governo e regioni, l’assessore regionale al sociale della Regione Veneto, Manuela Lanzarin, è tornata a richiamare l’urgenza di mettere un freno al ‘grande affare’ di slot, sale giochi e lotterie online e di prendersi cura di migliaia di giocatori patologici e delle loro famiglie. “I Servizi per le dipendenze del Veneto segnalano il continuo aumento di casi di giocatori compulsivi, il cui trend di crescita è ormai superiore a quello di eroina e droghe tradizionali. Lo Stato ha inserito il gioco d’azzardo nei livelli essenziali di assistenza, riconoscendolo come una malattia da curare, e ha istituito nel 2016 un fondo nazionale di 50 milioni da ripartirsi tra le regioni. Ma non c’è ancora accordo su come intervenire e su come normare l’industria del gioco”, ha sottolineato l’esponente veneta. Per Manuela Lanzarin, che rappresenta una delle 4 regioni che hanno sottoscritto a marzo il ‘Manifesto contro il gioco d’azzardo’ (insieme a Lombardia, Liguria e Basilicata), il governo si sta dimostrando troppo “incerto” e “contradditorio” nel rinunciare ai lauti introiti del monopolio di Stato; e troppo “flebile” con produttori e gestori sale gioco nel normare luoghi e accessi alle ‘macchinette’. E’ stato ricordato che il fatturato di giochi e scommesse in Italia supera gli 88 miliardi di euro, la spesa media per i 17 milioni di giocatori si aggira sui 5 mila euro l’anno. Ma, come in tutte le statistiche, il valore medio nasconde le vere emergenze, cioè i giocatori compulsivi (almeno 2 milioni) che scommettono (e perdono) decine se non centinaia di migliaia di euro l’anno, mandando in rovina se stessi, famiglie e aziende. “E’ un fenomeno da affrontare non solo con la prevenzione, ma anche con la presa in carico e la cura di queste persone e dei loro familiari. Per questo ho chiesto, ha concluso l’ass. veneto al sociale, che il gioco patologico non sia considerato solo un ‘disturbo psichiatrico’ nella classifica dei Lea, ma un più ampio problema sociale, da affrontare non solo in chiave sanitaria, ma con interventi di recupero, riabilitazione e di sostegno alle famiglie”. L’obiettivo da raggiungere è quello di ridurre i punti gioco con particolare riferimento a quelli generalisti e di salvaguardare le buone pratiche messe in atto dalle amministrazioni locali per contenere il fenomeno del gioco patologico – ha concluso l’assessore – Il Governo dovrebbe avere l’onestà di farsi quattro conti e riconoscere che gli introiti fiscali garantiti da punti scommesse, slot e lotterie varie sono ben poca cosa di fronte alla spesa sociale e sanitaria causata dall’azzardo patologico: “Per questo continueremo, insieme alla Regione Lombardia e a alle altre che condividono il nostro punto di vista, a dare battaglia perchè gli amministratori locali abbiano gli strumenti per scoraggiare questo tipo di attività, ma anche perché i singoli territori abbiano le risorse per promuovere o dare continuità alle esperienze di accompagnamento e auto-aiuto e a nuovi progetti di presa in carico di chi sta dilapidando risorse, vita e affetti”.