Dopo 26 anni la FemiCz Rovigo, nella magica atmosfera del Battaglini, si è assegnata il titolo di campione d’Italia. Anche il movimento ovale italiano ha vissuto in questo periodo cambiamenti epocali, dall’entrata nel Sei Nazioni all’ingresso delle due franchigie nazionali nella Celtic League. Abbandonata la strada del vivaio, che fino ad allora era stata l’unica fucina a disposizione del rugby rodigino per costruirsi i propri campioni, si scelse quella del mercato. Rovigo è diventata una sorta di porto franco dove arrivi e partenze si sono incrociati a forte ritmo. Dal 2000 a oggi la società rossoblù ha ingaggiato 168 giocatori non di Rovigo. Sono arrivati stranieri da mezzo mondo: Argentina, Australia, Fiji, Francia, Galles, Georgia, Inghilterra, Moldavia, Namibia, Nuova Zelanda, Romania, Samoa, Scozia, Sud Africa e Uruguay. Nello stesso periodo hanno esordito in prima squadra solamente 37 giocatori usciti dalle giovanili rossoblù, molti dei quali solo per qualche fugace apparizione. Per tante ragioni, dunque, questo scudetto è molto diverso da quelli del passato che, pur se ottenuti in varie epoche, avevano più di un punto in comune che li univa. E’ il primo tricolore vinto dal Rovigo nel nuovo millennio. E’ lo scudetto di una nuova era. E’ arrivato dopo diversi tentativi andati a vuoto, ma giocare quattro finali in sei campionati resta, comunque, un titolo di merito. Le ferite delle tre finali perse, due delle quali al Battaglini, non si cancellano, ma la vittoria di sabato sera le fa sembrare meno dolorose. C’è una domanda che a Rovigo, e non solo, oggi si fanno in tanti: senza il cambio di allenatore la FemiCz Rovigo sarebbe diventata ugualmente campione d’Italia? Ovviamente non c’è, e non può esserci, una risposta. Sul piano tecnico c’è poco da dire. La squadra era stata costruita per vincere lo scudetto e ha centrato con merito l’obiettivo anche con la correzione tattica avvenuta in corsa con l’avvento di McDonnell che ha badato al sodo, lasciando da parte tutto quello che non era strettamente necessario per ottenere il risultato voluto. La squadra lo ha seguito con convinzione ed è forse questo il merito maggiore dell’ex pilone degli All Blacks. Nella stessa finale ha usato l’intervallo per dare una nuova carica ai suoi ragazzi che nella ripresa hanno cambiato le sorti del match. il Presidente della Regione del Veneto si complimenta con i rugbisti del Femi-Cz Rovigo che, dopo 26 anni, hanno riportato nel capoluogo polesano lo scudetto della pallaovale. Tra le autorità che hanno inviato messaggi calorosi al rugby Rovigo per l’essere diventato campione il presidente della Regione il quale ha detto: “mi sarebbe piaciuto esserci al ‘terzo tempo’ di questa partita per dare una pacca sulla spalla a tutti gli atleti protagonisti della finale e festeggiare il ritorno ai vertici nazionali di una società storica del rugby veneto come Rovigo”. “Questi ragazzi hanno detto ancora una volta come il Veneto sia di fatto la culla di questo sport, ancora così vero perché ancora legatissimo a valori come dedizione, lealtà, rispetto dell’avversario, preparazione tecnica e fisica ottenuta con il più genuino dei sacrifici: il lavoro in campo”. “Oggi festeggiamo Rovigo – ha detto – ma di certo non dimentichiamo le tante altre squadre e società che stanno facendo grande tutto il movimento rugbistico veneto. Non le nomino tutte perché sono davvero tante e se me ne dimentico una magari rischio di essere infilato in una mischia come pallone! Grazie a tutti, indistintamente, perché lo sport è uno dei più affascinanti biglietti da visita di un popolo, basti pensare ai mitici All Blacks neozelandesi, il vero simbolo mondiale di quella civilissima nazione”.

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