Italian military police Carabinieri clear the gipsy camp in Molino Dorino, near Milan, Italy, 23 October 1991. ANSA/OLDPIX Carabinieri sgomberano il campo nomadi di Molino Dorino, alla periferia di Milano, Italia, 23 ottobre 1991. ANSA/OLDPIX

Il Consiglio regionale del Veneto (34 voti a favore) ha approvato il Progetto di Legge n. 27 per l’abrogazione della Legge regionale n.54 del 1989 “Interventi a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti”. A favore del Pdl, proposto dal consigliere Nicola Finco (ZP), hanno votato a favore i consiglieri della Lega Nord, Zaia Presidente, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lista Tosi, Area Popolare e quattro consiglieri del M5S, mentre voto contrario è stato espresso dai consiglieri del PD, Moretti Presidente e da Patrizia Bartelle del M5S. “Con questo PdL – ha spiegato Finco – andiamo ad abrogare un legge, come informa una nota dell’uff.stampa, che si è dimostrata del tutto inadeguata a risolvere il problema del nomadismo. Una legge demagogica e assistenzialistica, in gran parte disattesa dalle amministrazioni locali, chiamate, da una parte ad individuare ed attrezzare sul loro territorio dei campi sosta, dall’altra a dover controllare e tentare di ridurre il fenomeno, non risolvendo affatto il problema, ma al contrario producendo danni enormi, dal punto di vista sociale, alla comunità nazionale in generale ed alle genti venete in particolare. Abbiamo quindi inteso – ha precisato Finco – dare un segnale politico molto forte nei confronti di questa popolazione, i cui componenti devono sapere che se hanno bisogno di un aiuto da parte del pubblico si devono mettere in fila, esattamente come fanno i cittadini italiani e veneti, attraverso graduatorie presso i Comuni. In un periodo di ristrettezza economica – ha concluso – riteniamo non doveroso avere una legge che va nella direzione di tutelare persone che hanno dimostrato di non volersi integrare all’interno della nostra società, continuando a creare problemi di criminalità nei nostri territori”. La consigliera democratica Francesca Zottis, motivando il voto contrario del suo gruppo, ha sottolineato che il PD è andato oltre alla semplice opposizione. “Consci che quella legge non funzionava e che i problemi di sicurezza, salute, formazione e di lavoro esistono comunque, – ha spiegato – abbiamo presentato un emendamento, che , raccogliendo la richiesta di molti comuni, chiedeva che fossero mantenuti gli articoli della legge relativi alla consulta regionale per la tutela dei Rom e dei Sinti, alla formazione, al lavoro. Ci sono normative nazionali ed internazionali – ha ricordato Zottis – che determinano il mantenimento dei campi Rom sul nostro territorio, quindi non è che con l’abrogazione della Legge 54 noi eliminiamo il problema, eliminiamo le persone o i campi. Questi rimangono, ma non c’è nessuna norma regionale che interviene dando indicazioni tra il livello nazionale e quello dei Comuni. Quindi quello a cui noi ci siamo opposti è stato il vuoto normativo che si è creato e la totale irresponsabilità di cancellare una norma sostituendola assolutamente con nulla. Per questo – ha annunciato – presenteremo un progetto di legge per ribadire quanto chiesto con la mozione”. Nel territorio Veneto sono presenti: Rom Kalderasha, Rom Harvati, Sinti Veneti, Sinti Taic, tutti italiani; Rom provenienti dalla ex Yugoslavia (Serbia, Bosnia, Kosovo, Macedonia, Croazia) di recente immigrazione e, ultimamente, in seguito all’entrata nella UE delle loro nazioni, assistiamo all’arrivo di rom rumeni e bulgari.
I Rom e i Sinti italiani presenti nel Veneto sono stanziali e, se, nomadi lo sono forzatamente perché non hanno un luogo dove poter vivere stabilmente, come desidererebbero. E’ quanto è scritto in una memoria della presidente dell’Opera nomadi di Padova prof.Renata Paolucci. Esiste un seminomadismo praticato dai Sinti veneti giostrai che, per seguire le fiere e sagre, si spostano nel periodo primavera/estate. I Rom provenienti dalla ex Yugoslavia non sono nomadi, e non desiderano esserlo anche perché provengono da luoghi dove abitavano nelle case. Paolucci ha sostenuto tra l’akltro che non si comprende, perciò a chi sia rivolta la nuova proposta di legge. La logica dei campi nomadi poteva essere valida negli anni passati, solo se considerati una soluzione temporanea e luoghi di prima accoglienza. Oggi è necessaria una politica di superamento degli stessi. Il campo nomadi, se aveva l’obiettivo di offrire un habitat dignitoso per queste famiglie, ha fallito. Situati ai margini della città, in condizioni igieniche e sanitarie sono disastrose, la loro gestione comporta una spesa pubblica non indifferente. In realtà gli stessi Rom e Sinti non vogliono vivere nelle aree comunali, veri e propri ghetti e sacche di emarginazione sociale tanto che l’Italia è stata condannata, il 24 aprile 2006, per la politica abitativa dei cosiddetti campi nomadi, dal Comitato Europeo per i Diritti Sociali, organismo del Consiglio d’Europa, indicando le politiche sviluppate a favore dei Rom e Sinti, azioni di esclusione e di separazione dal resto della società. Ribadendo che il mantenimento dei campi nomadi in Italia, conosciuta in Europa come “paese dei campi”, risulta essere una prospettiva non solo ghettizzante ma, come da definizione dell’European Roma Right Center “l’emblema della segregazione razziale per eccellenza” e secondo il Comitato per l’Eliminazione delle Discriminazione dell’ONU, “un mix tra le favelas e i campi di concentramento”, siamo convinti che l’unica strada da percorrere (oltre all’inserimento scolastico e lavorativo) per procedere ad una efficace inserimento socio-culturale dei Rom e dei Sinti sia quella di procedere alla progressiva eliminazione dei campi nomadi con l’inserimento delle persone in abitazioni o micro-aree per una famiglia. L’Operanomadi di Padova ha fatto energicamente presente che l’errore di fondo sta proprio nel considerare le popolazioni rom e sinte come popolazioni nomadi, che vogliono vivere nei campi nomadi e che non vogliono inserirsi nel nostro tessuto sociale. Niente di più sbagliato, in realtà gli stessi Rom e Sinti vogliono vivere, alcuni negli alloggi, altri, per cultura, in piccole aree attrezzate per famiglia allargata. Al posto di una legge che, improntata sulla costruzione di campi per i Rom e i Sinti nomadi che, in realtà non esistono più sarebbe auspicabile una legge che supporti attivamente la politica dei piccoli terreni privati per famiglia allargata o di piccole aree attrezzate, già esistenti nel territorio Veneto (a Padova sono circa una ventina) e i cui abitanti si sono perfettamente integrati all’interno del tessuto sociale senza crear problemi e trasformando le loro aree, soprattutto se di proprietà, in bellissimi giardini puliti e curati. Come ricordato dall’Opera Nomadi le Regioni Emilia Romagna e Toscana hanno nei fatti modificato la loro Legge regionale a tutela di Rom e Sinti: al posto di finanziare la realizzazione di campi nomadi hanno preferito avviare la politica degli inserimenti abitativi e dei piccoli terreni privati per famiglie allargate, dando la possibilità anche di costruire. Paolucci ha fatto presente alla Regione Veneto che era stato proposto di seguire l’esempio del Comune di Padova sia per quanto riguarda la politica abitativa, vedi lo smantellamento delle aree nomadi comunali e la sistemazione delle famiglie in nuove realtà abitative a seconda delle loro esigenze e il progetto di autocostruzione per i Sinti Veneti del “Villaggio della Speranza”, sia per quanto riguarda il progetto di scolarizzazione rivolto ai minori rom e sinti che ha contribuito a debellare quasi totalmente l’evasione e la dispersione scolastica, presenti in percentuale elevata in molte altre parti d’Italia e a far proseguire negli studi (scuole professionali e istituti superiori) gli alunni dopo la licenza di terza media.

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