L’internazionalizzazione si conferma l’unico driver di crescita negli anni della grande crisi e fa proseliti tra le aziende (anche medio piccole). Il forziere estero blinda un terzo del Pil provinciale (8,7 miliardi su 26,4). E l’industria padovana mostra una propensione all’export a livelli tedeschi. Le imprese padovane che esportano sono il 56,3% del totale, quota che si alza al 77,7% nel manifatturiero. La componente estera della domanda contribuisce in modo solido ai bilanci: il 40,8% delle imprese realizza all’estero più di metà del fatturato. Ma per oltre un quinto (22%) il fatturato estero rappresenta più del 75% del totale, risultato conseguito da ben il 40% delle imprese più grandi. Le esportatrici marginali (meno del 10% dei ricavi) sono il 20,2%, decisamente inferiori alla media nazionale (45%). E se la dimensione conta nella proiezione internazionale, l’esplosione della grande crisi ha ingigantito il ruolo delle vendite oltrefrontiera, anche per aziende medio piccole: il 41,7% tra 26 e 50 addetti ricava dall’estero oltre metà del fatturato, quasi un terzo tra le piccole e micro imprese (1-25 addetti). Quanto alle rotte del made in Padova, è nei mercati maturi lo zoccolo duro. La Germania si conferma al primo posto (33% delle imprese esportatrici), seguita da Francia (30,6%) e più staccati Spagna (18,9%), Stati Uniti (16,6%), Regno Unito, Russia (Cina ottava, 11,5%). Se questa è l’attuale geografia dell’export, le imprese sono consapevoli della necessità di un approccio selettivo e dinamico ai mercati puntando su quelli più promettenti per i propri prodotti. Interpellate sui target più interessanti nei prossimi anni, la graduatoria si inverte, con Stati Uniti saldamente primi (16%), Germania al secondo posto (11,5%), Cina al terzo (9,4%), seguita da Russia. Sesto il Brasile (oggi sedicesimo), ottavi gli Emirati Arabi. E nella top 20 dei paesi con le maggiori opportunità per il made in Padova, entrano India, Messico, Marocco, Giappone, Algeria, Egitto, Sudafrica, Canada e Iran. Aree del mondo in pieno sviluppo, dal Golfo al Nordamerica all’Africa subsahariana.
Sono i principali risultati del rapporto su “La presenza internazionale delle imprese padovane” realizzato da Confindustria Padova nel mese di giugno su un campione di 1.232 imprese associate (industria, costruzioni e servizi). Una mappatura che restituisce il profilo delle imprese “internazionali”, stabilmente esportatrici e pronte a diversificare i mercati per cogliere nuove opportunità. «Tra le imprese c’è oggi più consapevolezza che la proiezione internazionale non è un’opzione, ma una condizione necessaria per la crescita – dichiara il presidente di Confindustria Padova, Massimo Finco -. Vuol dire non solo vendere ma presidiare i mercati di sbocco, conoscerne cultura, gusti, consumatori per soddisfarne la domanda. Ma continuiamo ad avere un ampio potenziale inespresso, perché i mercati esteri richiedono dimensioni adeguate. Perciò dobbiamo incoraggiarla e sostenerla, sotto il profilo formativo, manageriale e degli investimenti, perché l’incidenza dell’export sul Pil, oggi al 33% (29,2 Italia) superi il 40% e avvicini la Germania (45%), puntando con forza su alcune aree emergenti e su paesi maturi, come gli Usa. Far crescere la cultura internazionale delle imprese, supportarle in paesi come Cina, India ma anche in aree più vicine e in pieno sviluppo come Golfo e Africa. E facilitare l’emersione di “economie di rete” tra le piccole imprese e le medie aziende già proiettate sui mercati internazionali. Il piano straordinario per il Made in Italy sta dando risultati interessanti, anche grazie alla straordinaria risposta delle imprese, ma va ampliata la dote finanziaria per dare continuità alle azioni intraprese prevedendo una dote aggiuntiva di 60 milioni nel 2016». «La strategia che stiamo implementando per sostenere la proiezione internazionale delle imprese e socializzarne i vantaggi – precisa Marco Stevanato, delegato Confindustria Padova all’Internazionalizzazione – punta sulle “piattaforme relazionali”, che mettano insieme soggetti pubblici e privati e siano accessibili sul territorio, collegando le imprese già presenti nei mercati per uno scambio di esperienze e relazioni che diventi un’infrastruttura permanente di supporto. Siamo impegnati a mettere a disposizione delle aziende esperienze sul campo, rete di rapporti con istituzioni, banche, professionisti, competenze distintive del sistema associativo. Vuol dire attività di analisi, seminari di alto profilo sui mercati, ricerca partners e oggi anche voucher per i temporary export manager attraverso FarExport, in una sinergia sempre più stretta con Treviso, Vicenza e le altre territoriali. L’obiettivo è aumentare i 140 presidi produttivi all’estero e 280 commerciali dichiarati dalle imprese intervistate e superare il 40% nel rapporto export/Pil. Abbiamo tutte le potenzialità per farlo».
Quali i settori trainanti e le geografie più promettenti? Dal report di Confindustria Padova emerge il “potenziale di fuoco” dell’industria padovana sui mercati. Se a livello nazionale, delle 191.262 imprese esportatrici censite (Ice-Istat 2015), il 45,5% sono manifatturiere, nell’ambito del campione di associate il dato balza (prevedibilmente) al 91,2%. Tra i settori brillano le imprese del calzaturiero (esporta l’89,5%), legno-arredo (84,2%), moda (83,3), metalmeccanica (79,4%), ovvero tre delle quattro A del made in Italy (abbigliamento-moda, arredo-casa, automazione-meccanica). Nei servizi un’impresa su cinque è esportatrice. La proiezione sui mercati aumenta al crescere della dimensione: riguarda il 42,9% delle imprese fino a 25 addetti (67,5% nel manifatturiero), più dell’80% sopra i 50 addetti (più del 90 nel manifatturiero). La dimensione, che si declina in organizzazione, processi, capacità di investimento, conta come rivela il dato sul fatturato esportato. Il 40,8% delle imprese realizza all’estero oltre metà dei ricavi e di queste il 22% supera i ¾. Esporta meno del 10% solo il 20,2% (45% in Italia). Le esportatrici marginali aumentano tra le piccole imprese fino a 25 addetti (27,3%), mentre il 40% delle aziende con oltre 500 addetti (e il 30% tra 51-500) realizza oltreconfine più di ¾ del fatturato. Se la dimensione è determinante nelle scelte di internazionalizzazione, le imprese più piccole si configurano sempre più come le “new entry” dell’export made in Padova: nella classe 26-50 addetti il 20% realizza all’estero più del 75% dei ricavi (il 16,8% tra le micro imprese). Tra i settori che si confermano le portaerei dell’export ci sono soprattutto il calzaturiero (oltre ¾ del fatturato oltreconfine per il 45,5%) e la metalmeccanica (28,1%).
Quanto ai Paesi di sbocco del made in Padova, svetta la Germania dove esporta il 33% delle aziende, seguita da Francia (30%) e, più staccata, Spagna (18,9%). Le potenzialità degli Stati Uniti, cresciuti a due cifre per l’export padovano nel 2014, sono al momento colte solo dal 16,6% delle Pmi, così pure Cina, ottava tra i paesi di esportazione (11,5%) ed Emirati Arabi, quattordicesimi (6,2%). Se questa è l’attuale geografia dell’export, le Pmi sono consapevoli di dover innovare le rotte puntando sui Paesi più promettenti. Interpellate sulle destinazioni più interessanti per i propri prodotti nei prossimi anni, la graduatoria si inverte: Usa al primo posto (16%), Germania seconda (11,5), Cina al terzo (9,4%), seguita da Russia. Sesto il Brasile, oggi sedicesimo, ottavi gli Emirati Arabi. E nell’orbita dei venti Paesi con le maggiori opportunità si inseriscono India, Messico, Marocco, Giappone, Algeria, Egitto, Sudafrica, Canada e Iran.