È stata presentata alla stampa la mostra V.S. Gaitonde. Pittura come processo, pittura come vita, alla Collezione Peggy Guggenheim dal 3 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016. Alla presenza di Richard Armstrong, direttore della Fondazione e del Museo Solomon R. Guggenheim di New York, e di Philip Rylands, direttore della Collezione Peggy Guggenheim, la curatrice della mostra Sandhini Poddar, curatrice aggiunta Solomon R. Guggenheim Museum, ha raccontato il lungo percorso di studio e ricerca sfociato nella prima retrospettiva mai realizzata al mondo, dedicata a Vasudeo Santu Gaitonde (1924 – 2001), il più grande pittore modernista d’India del XX secolo, colorista eccezionale che nel corso della sua vita ha creato tele ispirate da un cosmopolitismo internazionale.  “Ricostruire la storia di questo incredibile artista è stato come seguire uno scavo archeologico”, ha affermato la Poddar, “pochissime persone hanno avuto il privilegio in vita di conoscere Gaitonde, uomo di estrema cultura e integrità di spirito, seguace del buddismo Zen, grande conoscitore di filosofia e poesia vernacolare indiana, così come del cinema internazionale e dell’arte occidentale. Era un uomo schivo”, prosegue la curatrice, con l’enfasi di chi ha dedicato anni a ripercorrere la vita e l’opera di questo artista, “Gaitonde amava il silenzio, non credeva nella comunicazione, ma credeva fermamente di poter comunicare il silenzio attraverso la sue opere, come fossero dei ‘container del silenzio’. OggiAggiungi un appuntamento per oggi, attraverso questa mostra, desidero possa emergere quell’essenzalità che sempre contraddistinse la sua vita, la sua carriera, le sue creazioni”.  Non è un caso che il museo Solomon R. Guggenheim di New York prima e la Collezione Peggy Guggenheim oggiAggiungi un appuntamento per oggi dedichino i propri spazi a questa esposizione: forti sono le affinità tra la filosofia di vita di Gaitonde e quella di Vasily Kandinsky, padre dell’astrazione,  su cui si basa l’origine stessa del Guggenheim di New York quale Museo della Pittura Non Oggettiva. Entrambi amavano la filosofia, la musica, il colore, testimonianza questa di quel processo di osmosi che negli anni ’20 del Novecento porta filosofia e induismo a intrecciarsi, superando i confini geografici tra oriente e occidentE. “Siamo felici di ospitare una mostra grazie alla quale la Collezione Peggy Guggenheim si apre a una cultura visiva che va oltre i confini dell’asse Europeo-Americano”, ha affermato Philip Rylands, “e Venezia, da sempre incrocio tra Oriente e Occidente, sembra il luogo più appropriato per commemorare non solo la sua storica apertura al resto del mondo, ma anche l’odierno abbraccio critico e la conoscenza dell’arte non occidentale che sono alla base di questa straordinaria retrospettiva”. Con oltre 40 dipinti e opere su carta provenienti dalle più importanti istituzioni pubbliche e collezioni private tra Asia, Europa e Stati Uniti, la mostra ripercorre una carriera artistica  che non ha pari nella storia dell’arte moderna del Sud-Est asiatico, offrendo un’opportunità senza precedenti di esplorare l’arte moderna indiana che caratterizzò i centri metropolitani di Bomba e New Delhi dalla seconda metà degli anni ’40 alla fine del XX secolo.Info: press@guggenheim-venice.it

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