A Treviso, con una grande mostra in tre diverse sedi cittadine (dal 6 novembre al 30 settembre 2021 presso nuovo Museo Nazionale Collezione Salce, che per l’occasione apre nella ritrovata Chiesa di Santa Margherita, affiancando così l’altra sede del medesimo Museo; al Complesso di San Gaetano e dal 6 novembre al 28 febbraio 2021 presso i Musei Civici di Santa Caterina), il Mibact tramite la Direzione Regionale Musei Veneto, il Comune di Treviso, con la Regione del Veneto, rendono omaggio a Renato Casaro (Treviso, 1935). Ovvero a colui che è considerato come l’ultimo dei grandi cartellonisti. Di quegli artisti cioè che sapevano trasporre l’anima di un film in un manifesto. Non utilizzando l’immagine fotografica di un personaggio o di una scena ma disegnandola. Il tutto mentre il film era ancora in lavorazione, potendo contare solo su qualche fotografia di scena e su un formidabile intuito comunicativo. Il sodalizio di Casaro con il cinema era iniziato quando, ancora ragazzo, creò le grandi sagome, pezzi unici dipinti a mano, che venivano collocate all’ingresso del Cinema Teatro Garibaldi e del Cinema Esperia di Treviso. A 19 anni, nel 1954, parte per Roma e trova lavoro nello studio di Augusto Favalli dove rimane per circa un anno e mezzo imparando le tecniche e i “trucchi del mestiere”. E’ del ’55 il suo primo manifesto ufficiale, poi, sempre a Roma, nel 1957, apre uno studio a proprio nome.” Artigiano di genio, misurò la sua arte con quanto Cinecittà e il cinema internazionale andavano proponendo. Via via il suo stile conquistò grandi registi e Hollywood: Jean-Jacques Annaud, Dario Argento, Marco Bellocchio, Ingmar Bergman, Bernardo Bertolucci, Luc Besson, John Boorman, Tinto Brass, Liliana Cavani, Francis Ford Coppola, Milos Forman, Costa Gavras, Pietro Germi, Claude Lelouch, Ugo Liberatore, Sergio Leone, Sidney Lumet, Anthony Mann, Mario Monicelli, Francesco Rosi, Alberto Sordi, John Sturges, Giuseppe Tornatore, Francois Truffaut, Carlo Vanzina, Carlo Verdone… La mostra documenta 170 film, dei mille e più per i quali egli lavorò. E lo fa partendo dal “prodotto finito”, ovvero dai manifesti a due e quattro fogli, destinati alle sale cinematografiche o all’affissione. Sono oltre un centinaio i pezzi selezionati e restaurati per l’occasione. I rari e introvabili fogli del decennio 1955-1965, mai apparsi in una mostra, presentano un artista in rapida formazione che, grazie al fertile ambiente romano – dove Cinecittà è in quegli anni una delle industrie più prolifiche – riesce a dare il meglio di sé e il nascente e dirompente fenomeno del “Western all’italiana”. Ed è sorprendente vedere accostati, nella grande “terrazza” del Santa Margherita, o gli indimenticabili manifesti di capolavori quali I magnifici sette, C’era una volta in America, Amadeus, Il nome della rosa, Il tè nel deserto, L’ultimo imperatore. Strutturata con una progressione cronologica – ma con una scansione anche tematica che segnala i generi più “frequentati” da Casaro – la mostra, sia nella sede di Santa Margherita che in quella di Santa Caterina, accosta ai grandi e multicolori affissi, una selezionata serie di bozzetti studio e gli “originali” (l’opera finita che serviva per stampare il manifesto), provenienti dall’archivio dell’artista e da importanti collezioni pubbliche e private. Questo permette di comprendere al meglio la crescita professionale e la cifra stilistica dell’artista ma anche le innovazioni tecniche che Casaro adotta e sviluppa negli anni: dalla “istintiva” pennellata degli esordi, alle composizioni in parte fotografiche degli anni Settanta, sino alla raffinate maquettes ad aerografo che lo rendono celebre, in particolare nei ritratti degli attori protagonisti, tra gli anni Ottanta e Novanta, quando il manifesto disegnato giunge al tramonto. Una perizia che gli vale la collaborazione con le maggiori case di produzioni americane (Fox, United Artists, MGM, Columbia) e con i più grandi registi del secondo Novecento. Nelle tre sedi della mostra è presente un inedito video che, per flash, mostra al pubblico trailer e spezzoni di film dei quali Casaro ha curato il corredo iconografico e alcune sue riflessioni su una carriera professionale di cinquant’anni. Nei Musei Civici di Santa Caterina si svilupperà la sezione Treviso,Roma, Hollywood. Nella innovativa sede di Santa Margherita, dove si svilupperà il suo percorso della mostra dal titolo L’ultimo cartellonista,è stata ideata anche una sezione didattica dove i visitatori più giovani potranno, in totale autonomia, comporre e creare un loro manifesto di cinema. E ancora, un sezione dedicata agli ipovedenti con la riproduzione tridimensionale del celebre affisso Il tè nel deserto. Una sezione particolare, dal titolo (un tempo manuale, in seguito fotomeccanico) e alla stampa. Sei film simbolo di Casaro “raccontano”, con una forte valenza didattica, tutto il mondo tecnico e artistico che sta dietro la creazione di un manifesto. Gli oltre trecento pezzi presentati nelle tre esposizioni sono pubblicati nel volume realizzato da Grafiche Antiga (pp. 270 in edizione italiana e inglese) che riporta testi critici sull’artista, immagini d’epoca, fotografie di scena e un primo analitico repertorio delle sue opere per il cinema.Info Uff.Stampa e ph: Esseci 049.663499 gestione2@studioesseci.net