La Fondazione Musei Civici di Venezia (Muve) aderisce alla campagna nazionale e diffusa #IoRestoaCasa. Se non potete venire nei musei, sono i musei a venire da voi. E’la volta per parlare della trasparenza della luce. Il lampadario veneziano più famoso al mondo è fatto di vetro cristallo, con braccia a candeliere e decorato con pendenti e fiori multicolori ed è detto a ciocca. Il suo settecentesco inventore si chiama Giuseppe Briati, suo è anche il lampadario che maestoso e fastoso pende con i suoi 1600 pezzi nella sala del Brustolon nel Museo del Settecento Veneziano di Ca’ Rezzonico. Fu costruito nel 1730, quando le vetrerie muranesi stavano riprendendo quota nel mercato internazionale dopo la decadenza di fine Seicento, dovuta alla partenza per l’estero di mastri vetrai e la reciproca concorrenza dei vetri stranieri, e soprattutto del cristallo di Boemia, che però dal Settecento si produce anche a Venezia. Briati è forse il motore principale di quella ripresa, con la produzione di cristalli alla maniera di Boemia e anche grazie all’invenzione dei suoi lampadari, che si diranno alla maniera di Briati. I lampadari a ciocca hanno una struttura in metallo forgiata da fabbri specializzati, con bracci di candeliere, ricoperta e adornata di centinaia di pezzi di vetro soffiato nella voluttuosa forma di fiori, frutta, animali, con colori squillanti e virtuosismi. Giuseppe Briati è forse il vetraio più famoso del Settecento di Venezia. Figlio d’arte di origini muranesi nel 1739 costruì però, unico in deroga al divieto causa incendi instaurato nel 1291, la sua fornace su fondamenta veneziane, in quella che è oggi la Fondamenta Briati ai Carmini, dove produrre i suoi lampadari e gli specchi e dare al cristallo forma di raffinati deser e altri eleganti accessori per lussuose dimore, che è rimasta attiva con gli eredi fino al 1883. I lampadari originali sono comunque rari, spesso quelli che si vedono sono copie del tardo Ottocento e del primo Novecento, riproduzioni di quando il Settecento veneziano era di gran moda e testimonianza di quanto il modello sia stato a lungo apprezzato. Oltre che dai soffitti di Ca’ Rezzonico, dove il magnifico lampadario è arrivato nel 1934 grazie all’acquisto dello Stato e la donazione al nascente Museo del Settecento Veneziano, lampadari Briati a ciocca si mostrano a Palazzo Mocenigo, Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo e nel Museo del Vetro di Murano. Qui tra i due esemplari, uno alla chinese con coppette reggicandela, fiori, foglie, fiocco e pendenti a sfera e grappolo, l’altro a colonna di due piani per 24 bracci con finale a testa di delfino e quattro colonne ritorte, troneggia un lampadario con 60 bracci su quattro piani, alto quattro metri per un diametro di oltre due e un peso di oltre 300 chilogrammi. Composto di 356 pezzi fra bacini, bracci, bacinelle, foglie, fiori, cimiero e fiocchi, fu costruito a fine Ottocento appositamente per il Museo del Vetro dai migliori vetrai e fucine dell’isola, medaglia d’oro alla prima Esposizione Muranese del 1864, e presentato nel 1867 alla grande Esposizione di Parigi.Dalle volte delle Procuratie a San Marco pendono invece ancora i cesendelli, vetri a forma a coppa per contenere l’olio da bruciare col lucignolo, non è raro trovarli nelle volte delle chiese dei dipinti, o nelle abitazioni, un antico raffinato cesendello col marchio dei Tiepolo è esposto al Museo del Vetro. Nelle calli dove ancora con il buio si girava con la lanterna il gas arriva a metà dell’Ottocento, dopo meno di un secolo ecco la luce elettrica. (ph arch.Muve).

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