Nel team internazionale di ricerca Angiodisin che apparira’ sulla rivista Mayo Clinic Proceeding partecipa anche Giuseppe Lippi, professore ordinario di Biochimica clinica al dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’università di Verona, e direttore dell’Unità operativa complessa di Laboratorio analisi dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.Lo si apprende dal magazinenews dell’ateneo scaligero. “In accordo con le attuali linee guida, raccomandiamo ai pazienti ipertesi di non sospendere la terapia farmacologica anti-ipertensiva“, afferma il principale autore Fabian Sanchis-Gomar, che afferisce al dipartimento di Fisiologia della facoltà di Medicina dell’università di Valencia, all’Istituto di ricerca biomedica Incliva (Valencia), e alla divisione di Medicina cardiovascolare della Stanford University (Usa). Dopo un esame approfondito di oltre 60 studi pubblicati, Sanchis-Gomar e i suoi coautori concludono che nessuno studio ha finora riportato l’esistenza di un aumento dei valori, e che una maggiore espressione non sottenderebbe necessariamente un aumento del rischio di infezione o di gravità della patologia. La ricerca ha principalmente riguardato studi che evidenziano come valori aumentati di angiotensina II possano favorire la sindrome da distress respiratorio acuto nei pazienti Covid-19. Altre ricerche suggeriscono che gli inibitori del sistema renina-angiotensina-renina potrebbero giocare un ruolo importante nel trattamento di Covid-19. Gli autori tuttavia concludono che sono necessari altri studi e valide prove scientifiche per formulare conclusioni definitive. Le prove attuali indicano che gli inibitori del sistema renina-angiotensina-renina riducono significativamente la mortalità nelle malattie cardiovascolari e la progressione della malattia renale cronica, e che sono il cardine nel trattamento dell’insufficienza cardiaca e dell’ipertensione. “La terapia con ACE-inibitori o bloccanti dei recettori dell’angiotensina dev’essere continuata, o eventualmente iniziata, secondo le specifiche indicazioni e indipendentemente da Covid-19”, osserva Sanchis-Gomar. Sebbene non esistano sostanziali differenze tra bloccanti dei recettori dell’angiotensina e ACE-inibitori in termini di efficacia nel ridurre la pressione arteriosa e migliorare altri esiti, la tosse che a volte si associa all’uso di ACE-inibitori e i tassi di abbandono della terapia imputabili ad eventi avversi sembrano essere inferiori nei pazienti che utilizzano bloccanti dei recettori dell’angiotensina. “In accordo con le attuali linee guida, raccomandiamo ai pazienti ipertesi di non sospendere la terapia farmacologica anti-ipertensiva“, afferma il principale autore Fabian Sanchis-Gomar, che afferisce al dipartimento di Fisiologia della facoltà di Medicina dell’università di Valencia, all’Istituto di ricerca biomedica Incliva (Valencia), e alla divisione di Medicina cardiovascolare della Stanford University (Usa). Dopo un esame approfondito di oltre 60 studi pubblicati, Sanchis-Gomar e i suoi coautori concludono che nessuno studio ha finora riportato l’esistenza di un aumento dei valori, e che una maggiore espressione non sottenderebbe necessariamente un aumento del rischio di infezione o di gravità. In un video e’stato evidenziato che “L’angiotensina II è un ormone che promuove infiammazione, danno ossidativo, vasocostrizione e fibrosi, ed è quindi abbastanza ragionevole supporre che un agente farmacologico in grado di inibire la produzione di questo ormone possa essere utile nella prevenzione del danno polmonare e nel ridurre la severità sistemica della patologia. È certamente prematuro suggerire di utilizzare questi farmaci come misura preventiva per Covid-19 in pazienti senza altre indicazioni per l’assunzione degli inibitori del sistema renina-angiotensina-renina, tuttavia questo è un aspetto che merita approfondite valutazioni”. (ph arch.UniVr).