La Fondazione Musei Civici di Venezia (Muve) aderisce alla campagna nazionale e diffusa #IoRestoaCasa. Se non potete venire nei musei, sono i musei a venire da voi. Ogni due giorni una storia, un gioco, un’opera, non per consolazione ma perché l’arte è vita e la vita e’arte. Anche la farmacia sta nel museo. Non la sua storia, i suoi documenti e attrezzi, le sue rappresentazioni, proprio la farmacia, tutta intera, ricostruita al terzo piano del Museo del Settecento Veneziano a Ca’ Rezzonico con gli arredi, il bancone e pure l’insegna. Fu un tempo la Farmacia Ai Do San Marchi di campo San Stin, all’angolo con calle Donà, che nel 1679 era di “Orazio Moscatello Priore” del collegio degli Spezieri, il suo stemma è fra le 100 Insegne di botteghe medicinali in Venezia riprodotte nel Codice Gardenigo conservato nel Museo Correr, ma verso la metà del Settecento il suo proprietario era diventato lo speziale Bernardo Saletti, al quale si deve il rinnovo dei locali e quindi questo arredo, arrivato a Ca’ Rezzonico completo di mobili, boiserie, albarelli, alambicchi, mortai, caminetto e fornello. Gli speziali veneziani sono stati famosi per molti secoli. I Capitolari che regolavano le Arti dei Medici e degli Speziali sono fra i documenti più antichi al mondo in materia, emanati nel 1258 dalla Giustizia Vecchia sono rimasti in vigore, integrati e inclusi in atti successivi, per tutta la durata della Repubblica. Gli speziali dovevano rispettare un regolamento e fare un giuramento, dopo alcuni anni di praticantato a bottega. Le specialità dovevano essere approvate e così i loro prezzi, la loro composizione esposta al pubblico e rispettata, i medicamenti scaduti, sbagliati o illegali venivano pubblicamente bruciati a Rialto. Le spezierie dovevano essere sempre aperte e la Serenissima ne decideva anche la minima reciproca distanza, ognuna doveva avere una denominazione e un marchio di bottega, l’insegna doveva essere esposta e non potevano esisterne due uguali, avevano proprie etichette e carte intestate. La fama dell’arte della farmacia veneziana era vasta e così il mercato, nella sempre più fitta normativa che si sviluppa dal Cinquecento si registrano l’imposizione di tariffari e altre disposizioni della magistratura di Sanità, sia per lo Stato di Terra che per quello di Mare, compresa l’introduzione o la proibizione di medicinali. Nel 1485 nasce a Venezia la magistratura dei Provveditori alla Sanità, e nel 1565 si costituisce il Collegio degli speziali, intesi come farmacisti, che si separano dagli speziali da grosso, ovvero i droghieri. Tradizionalmente separati, anche a Venezia, sono medici e farmacisti. I primi, che possono preparare medicamenti ma non farne commercio, godono di un prestigio sociale ben superiore a quello degli spezieri, artigiani più che scienziati, a volte sospetti dato che maneggiavano anche veleni. La spezieria di Ca’ Rezzonico ha tre locali. La bottega di radica scura con il bancone, gli scaffali con 183 vasi (albarelli) in maiolica decorata della manifattura veneziana Cozzi e due grandi vasi con lo stemma, due leoni che reggono il vangelo aperto; il laboratorio, con caminetto e fornello e gli alambicchi di sottile vetro usciti dalle fornaci muranesi; il retrobottega, con pareti rivestite da una boiserie in legno di abete dipinto e intagliato e 76 seicenteschi vasi di maiolica bianca decorata in blu e 33 vasetti in vetro di Murano. La Farmacia dei Do San Marchi venne smantellata nel 1909 dalla vedova dell’ultimo proprietario e acquistata da un antiquario che aveva l’idea di trasportarla in Francia, ma poi invece la donò al Museo. Fu esposta in una delle torrette laterali del Fondaco dei Turchi, allora sede del Museo Correr e oggi del Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue, e poi nel 1936 trasferita e ricostruita da Nino Barbantini e Giulio Lorenzetti al terzo piano di Ca’ Rezzonico. A Venezia esistono ancora antiche farmacie con gli arredi originali, molte anche se rinnovate ne portano ancora gli originali nomi (anche quella a San Stin si chiama ancora Ai Due San Marchi ) e non è raro trovarne tracce sulle facciate dei palazzi che le ospitavano, la più famosa è la Testa d’oro a Rialto, della omonima spezieria. Alcune sono diventate profumerie, anche se gli speziali non trattavano essenze, che erano competenza dei muschieri, riuniti nell’Arte dei marzieri, i merciai.(ph arch.Muve).

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