Lo scalo di Porto Marghera, l’aeroporto “Marco Polo” e la Pedemontana veneta: sono queste le tre infrastrutture su cui focalizza l’attenzione la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (Dia). Il rapporto che ogni sei mesi viene inviato al Parlamento si riferisce al periodo racchiuso tra gennaio e giugno 2019 e parla di questi tre luoghi come “i canali attraverso i quali la criminalità organizzata mafiosa punta ad infiltrare in maniera silente l’economia legale”. Antonio Massariolo sul Bo live, il giornale web dell’universita’di Padova, ha scitto un testo sul fenomeno delle organizzazioni criminali, in base a quanto inducato dalla Dia. Il prof. Parbonetti dell’università di Padova, parla di 400 “aziende criminali” nel territorio veneto, numero nato da uno studio che ha coinvolto più di 160 operazioni di mafia in un periodo che va dal 2005 al 2016. La relazione della Dia, invece, prende in considerazione i primi sei mesi del 2019, mettendo nuovamente in particolar modo la presenza dei casalesi nella provincia di Venezia. “Esistono da tempo – riporta la relazione – forti segnali che indicano come il territorio del Veneto stia diventando di particolare interesse per le consorterie mafiose, attraverso presenza qualificate o vere e proprie proiezioni nel territorio regionale. Un sistema, quello veneto, in cui “professionisti e imprenditori si rivolgono ai mafiosi per fare da tramite con la pubblica amministrazione”. E’ questo il caso dell’indagine At Last, che ha coinvolto imprenditori locali e rappresentanti delle istituzioni come l’ex sindaco di Eraclea e avvocato Micro Mestre che, secondo l’accusa, si sarebbe avvalso dell’appoggio di personaggi vicini al clan dei Casalesi per procurarsi voti alle elezioni del 2006, elezioni che si aggiudicò per 81 voti in più rispetto al suo sfidante. Si invita gli interessati a questo problema a collegarsi con Bo live per conoscere altri particolari. Ad esempio si ipotizzano reati ambientali, traffico di sostanze stupefacenti, possibile voto di scambio, Nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia si parla di ‘ndrangheta ed in particolar modo di come l’inchiesta “Aemilia” abbia portato, nel 2015, all’arresto di alcuni soggetti residenti in Veneto e riconducibili alla ‘ndrina calabrese Grande Aracri. Sempre alla stessa ‘ndrina si rifà anche l’operazione “Camaleonte”, che, conclusasi nel mese di marzo dello scorso anno, aveva portato all’”arresto di 33 appartenenti a un’organizzazione ‘ndranghetista operante a Padova, Venezia, Vicenza e Verona e riconducibile alla cosca Grande Aracri”. Operazione che sappiamo essere continuata anche nel novembre 2019 con 54 avvisi di conclusione delle indagini preliminari, avvisi che in alcuni casi hanno raggiunto persone già in custodia cautelare, come Antonio Genesio Mangone, in seguito all’operazione della Dda di Venezia denominata “Avvoltoio”. Gli indagati in questo caso dovranno rispondere di associazione di tipo mafioso, riciclaggio, estorsione ed usura.Il motivo per cui quest’inchiesta sia stata chiamata “Camaleonte” lo si evince dall’ordinanza di custodia cautelare in cui si legge che “i soggetti coinvolti, al fine di estendere in alcune province del Veneto il potere di influenza e di intimidazione di stampo mafioso, si insinuavano gradualmente nella realtà economica di alcune imprese mostrando competenza e significativa capacità economica; successivamente, manifestando i reali intenti esplicavano man mano la forza di intimidazione costituita dal farsi accompagnare da guardia spalle, evocare la disponibilità di armi e la contiguità al sodalizio di stampo mafioso cutrese, fino a giungere ad utilizzare la minaccia e la violenza per vincere i rifiuti a volte opposti dagli imprenditori”. “Gli indagati in questo caso dovranno rispondere di associazione di tipo mafioso, riciclaggio, estorsione ed usura. Sempre nei primi sei mesi del 2019, un’altra inchiesta ha portato al fermo di 35 soggetti, uno dei quali padovano. L’operazione si chiama “Malapianta” ed ha indagato persone riferibili alle famiglie Mannolo e Trapasso. Altre conferme della presenza della ciminalità organizzata calabrese in territorio veneto, come già affrontato nelle precedenti relazioni della Dia, vengono dalle più datate operazioni “Stige”, conclusasi nel gennaio 2018 con tre arresti di soggetti riconducibili alla ‘ndrina Giglio, e l’operazione “Fiore Reciso”, conclusasi anch’essa a gennaio 2018 e che ha portato all’arresto di 16 persone indagate a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, al riciclaggio, all’autoriciclaggio, allo spaccio e al traffico di sostanze
Ad aprile 2018 infine, l’operazione “Ciclope” aveva messo in luce “un’associazione criminale operante nel settore delle frodi fiscali e del riciclaggio, costituita, promossa e organizzata da un imprenditore, originario di Melissa (CZ). L’imprenditore, residente in provincia di Verona aveva stretti legami con pregiudicati calabresi, in particolare con un soggetto originario di Cutro (KR)”. Già nelle scorse relazioni della Dia avevamo parlato del fatto che sembrano esserci diversi elementi per credere che Cosa Nostra abbia riciclato capitali illeciti nel settore immobiliare. Ad esempio l’operazione “Adria docks”, coordinata dalla Procura di Palermo conclusa dalla Guardia di finanza nel settembre 2008, che aveva evidenziato dei tentativi di riciclaggio da parte di alcuni soggetti palermitani riconducibili al clan Lo Piccolo attraverso la riqualificazione dell’area “ex Adria docks” di Sottomarina di Chioggia. Poi, e’stata lndicata l’ass. camorristica in Veneto: quella che ha occupato maggiormente le cronache dell’anno 2019 con riferimenti all’operazione “At Last” ma anche dell’operazione “Piano P” che nel 2018 aveva “rivelato come il cartello dei Casalesi avesse affidato parte del suo patrimonio ad un soggetto finanziario diPortogruaro. Tornando all’operazione principe del primo semestre 2019, nella relazione della Dia viene segnalato che “il clan dei Casalesi aveva riproposto in Veneto il medesimo modus operandi adottato nella regione d’origine. On sintesi, il Veneto è territorio appetibile per la criminalità organizzata, che già da tempo ha messo le mani sia in attività illecite che nell’economia legale. Alcune indagini di sono iniziate negli anni ‘90, segnale che Camorra, ‘ndrangheta e mafia hanno messo radici in Veneto e tentano ogni illecito per trarre profitti. (pf Bo live, arch.Dia).
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