“Dal gesto alla forma. Arte europea e americana del dopoguerra nella Collezione Schulhof”, fino al 18 marzo.
A cura di Gražina Subelytė e Karole P. B. Vail della Guggenheim. Nel 2012 ottanta opere d’arte europea e americana del dopoguerra sono andate ad aggiungersi alle collezioni della Fondazione Solomon R. Guggenheim, quale lascito di Hannelore B. Schulhof (1922–2012) e del marito Rudolph B. Schulhof (1912–1999). Questa mostra è l’occasione per vedere la Collezione Schulhof nel suo complesso, con quasi tutte le opere esposte e allestite sulla base degli sviluppi formali dell’arte del periodo postbellico, seguendo così i passaggi tra i movimenti e gli stili che si sviluppano a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale fino agli anni ’80 del Novecento. L’immaginario astratto, inteso come ricerca sul colore, sulla forma e sullo spazio e le loro interrelazioni caratterizza il linguaggio artistico del dopoguerra e diviene il caposaldo della Collezione Schulhof. Dal gesto alla forma. Arte europea e americana del dopoguerra nella Collezione Schulhof intende inoltre far luce sulla storia e la visione del collezionismo dei coniugi Schulhof, mostrando come la loro collezione, nell’attraversare gli oceani e le culture, rifletta la polifonia di voci delle molteplici tendenze artistiche del dopoguerra. Sono infatti gli artisti contemporanei che vivono su entrambe le sponde dell’Atlantico ad essere il fulcro della collezione, con “uguale impegno, dall’inizio alla fine” secondo le parole di Hannelore Schulhof (lettera a Wilder Green, direttore dell’American Federation of Arts, New York, 26 aprile 1984, The Schulhof Collection Archives, Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia). Lasciata la Germania nativa allo scoppiare della guerra, Hannelore si reca a Bruxelles, dove viene raggiunta da Rudolph Schulhof, di origini boeme, con cui si sposa. I coniugi partono così per gli Stati Uniti e nel 1940 si stabiliscono a New York acquisendo ben presto la cittadinanza americana. Iniziano a collezionare opere d’arte verso la fine degli anni ’40 e quattro decenni più tardi sono ormai conosciuti per il grande criterio con cui collezionano. Un momento cruciale nella storia del loro collezionismo è senz’altro segnato dalla conoscenza di Justin K. Thannhauser, celebre mercante d’arte, la cui collezione di opere impressioniste, post-impressioniste e del modernismo francese viene successivamente donata al museo Solomon R. Guggenheim di New York. Thannhauser suggerì agli Schulhof di dedicarsi alle correnti artistiche del momento, e così loro fecero, concentrandosi esclusivamente sull’acquisizione di opere di artisti viventi. Collezionano l’arte contemporanea europea e americana e spesso stringono amicizia con gli artisti di cui acquistano le opere. A partire dal nucleo originario di opere appartenenti all’Espressionismo astratto e all’Informale, la collezione si apre al Minimalismo per arrivare poi all’Astrazione post-pittorica e all’Arte concettuale. L’allestimento a Palazzo Venier dei Leoni riflette questo evolversi di un’astrazione sempre più minimale e raffinata. La mostra si apre con le opere degli espressionisti astratti americani, come Hans Hofmann, Joan Mitchell e Mark Rothko, privilegiando così un linguaggio non-figurativo e una pennellata spontanea e vivace, per proseguire poi con lavori di Jasper Johns, Mark Tobey e Cy Twombly, accomunati dall’iterazione ossessiva di un gesto o di un segno su un fondo spesso monocromo, che arrivano a evocare testi lirici racchiusi in spazi astratti e visionari. Il percorso prosegue con l’astrazione italiana del dopoguerra con opere dei maggiori esponenti dell’Informale come Afro Basaldella, Alberto Burri e Lucio Fontana. In Italia quest’arte progressista si sviluppa soprattutto attorno alla Galleria del Naviglio, fondata a Milano nel 1946 da Carlo Cardazzo, che diventa uno dei galleristi di fiducia dei coniugi Schulhof per l’arte italiana. Un’itera sala è poi dedicata a Jean Dubuffet di cui gli Schulhof collezionarono numerose opere. I lavori esposti appartengono sia alla sua prima fase pittorica, segnata da uno stile primitivo e naïf, con impasti spessi e ruvidi, sia a un successivo momento, iniziato del 1962, con la serie L’Hourloupe, caratterizzata da figure nei colori del bianco, rosso e blu, con contorni neri, spessi e fluidi. Segue una sala dedicata alla griglia monocroma, con opere astratte di Richard Diebenkorn e Agnes Martin, che emanano un’aura spirituale e condividono un’estetica controllata e monocroma di grande serenità. Si prosegue con la sala dedicata Anselm Kiefer e Antoni Tàpies, due artisti che reagiscono alla guerra e alle tensioni socio-politiche del XX secolo ponendo l’attenzione sulla matericità delle proprie opere, per poi passare al tema della linea quale elemento centrale che accomuna i dipinti e i disegni del periodo postbellico di artisti come Philip Guston, Hans Hartung, e Brice Marden. Seguono le sculture e gli assemblaggi di Carl Andre, John Chamberlain, Eduardo Chillida, e Joseph Cornell, realizzati tra gli anni ’40 e ’70, a testimoniare come la scultura europea e americana del dopoguerra diventi sempre più sperimentale e radicale. Gli Schulhof collezionarono con dedizione l’opera dello spagnolo Chillida, con cui strinsero amicizia, e viaggiarono nella regione basca da cui l’artista proviene, diventando tra i primi a sostenerlo negli Stati Uniti. Un focus è poi dedicato alle forme mistico-simboliche dei dipinti, disegni e sculture di Julius Bissier, Alexander Calder, Giuseppe Capogrossi, Adolph Gottlieb, e Ellsworth Kelly. Sebbene ciascuno di loro abbia intrapreso percorsi artistici differenti, il linguaggio visivo delle opere esposte è accomunato da una sorta di ossessione per le forme e i colori spesso caratterizzata da un implicito simbolismo o spiritualità. Si passa successivamente ad affrontare il tema dell’immagine fotografica quale mezzo di sperimentazione attraverso le opere di Andy Warhol e dei coniugi Bernd e Hilla Becher. La mostra si chiude con i lavori degli artisti legati all’Astrazione post-pittorica e / o Minimalismo. Nel 1964 il critico d’arte americano Clement Greenberg conia il termine Astrazione post-pittorica in riferimento all’arte nata dall’Espressionismo astratto che adotta, nei confronti dell’astrazione, un approccio più rigoroso, tendendo alla chiarezza formale, all’uniformità della superficie pittorica e all’assenza di riferimenti e di elementi narrativi, come avviene nell’opere di Morris Louis, Kenneth Noland e Frank Stella. Il Minimalismo comprende artisti come Donald Judd e Robert Ryman, che riducono le proprie opere all’essenzialità dell’astrazione geometrica e delle forme e dei materiali autoreferenziali. Dal gesto alla forma. Arte europea e americana del dopoguerra nella Collezione Schulhof è accompagnata da un’esaustiva pubblicazione, curata da Philip Rylands, Direttore emerito della Collezione Peggy Guggenheim, con saggi di Gražina Sube. (foto Guggenheim).
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