“Durante il sonno non è possibile acquisire informazioni complesse, nuove, esterne. Il nostro cervello però può processare informazioni sensoriali, come un suono o un odore, e le può elaborare in maniera molto semplice”. A spiegarlo è Nicola Cellini, giovane studioso che da tempo si occupa di queste tematiche con Michela Sarlo nel laboratorio di Psicofisiologia del sonno creato da Luciano Stegagno all’università di Padova. Monica Panetto per il Bo Live, il giornale web dell’ateneo di Padova, ha scritto un testo su questo metodo (con foto di Bo Live. UniPd) che in larga percentuale è il sogno di molti studenti e in rete, del resto, c’è chi lo propone. In un articolo pubblicato alcuni mesi fa da Cellini e Sara C. Mednick sul Journal of Neuroscience Methods viene messo in evidenza come l’idea di apprendere durante il sonno si sia fatta strada attraverso i film di fantascienza e abbia poi ispirato, a fini commerciali, l’invenzione di dispositivi che pretendevano di insegnare le lingue straniere o promettevano di far smettere di fumare semplicemente ascoltando delle audiocassette. Il tutto, ha sottolineato Cellini, avvallato anche da una certa stampa che ha divulgato notizie non corroborate scientificamente. In realtà, già 60 anni fa William H. Emmons e Charles W. Simon hanno dimostrato che non è possibile acquisire nuove parole, immagini, fatti durante il sonno. E negli ultimi 30 anni nessuno studio ha provato il contrario. “Durante il sonno non è possibile acquisire informazioni complesse, nuove, esterne. Il nostro cervello però può processare informazioni sensoriali, come un suono o un odore. La letteratura scientifica – secondo Cellini – è unanime sul fatto che non possiamo apprendere informazioni complesse mentre si dorme. Tuttavia, si stanno sviluppando delle tecniche per cercare di ottimizzare, durante il sonno, l’apprendimento di informazioni acquisite da svegli”. In pratica, si interviene sul cervello addormentato modulando la fisiologia del sonno legata alla memoria. Ciò allo scopo di ricordare meglio nozioni già acquisite. Esistono tecniche di stimolazione sensoriale che prevedono di associare un suono o un odore a coppie di parole da memorizzare, ad esempio. Durante il sonno profondo viene ripresentato quello stesso suono o odore attraverso delle cuffie o un olfattometro e al mattino la persona tende a ricordare meglio le informazioni associate agli stimoli sensoriali. Ancora, sono al vaglio della comunità scientifica tecniche come la “auditory closed-loop stimulation” . “In questo caso – ha spiegato il giovane scienziato – si va a modificare l’attività elettrica del cervello: vengono presentati stimoli acustici e brevi suoni di 50 millisecondi in determinati momenti dell’attività elettrica del cervello. Questo generalmente crea una catena di eventi che ‘sembra’ favorire la memoria”. Gli studi scientifici in proposito non sono tuttavia univoci e se una parte di questi dimostra gli effetti benefici del metodo, altre ricerche non hanno dato risultati positivi. Nonostante l’efficacia di queste tecniche non sia stata del tutto provata, esistono già da qualche anno in commercio dei dispositivi venduti – anche da grosse aziende – come “ottimizzatori delle prestazioni mnestiche” durante il sonno. Ora, lasciamo al lettore il giudizio sulla validità di questi prodotti. “Si stanno sviluppando delle tecniche per cercare di ottimizzare, durante il sonno, l’apprendimento di informazioni acquisite da svegli. Per migliorare il ricordo di nozioni apprese, ci sono poi tecniche di stimolazione elettrica dette “transcranial direct-current stimulation” che, attraverso elettrodi applicati sulla testa, vanno ad alterare l’attività elettrica del cervello. “Ovviamente – ha sottolineato Cellini – non sono pericolosi, perché la corrente è molto leggera e di bassa intensità. Il principio è molto simile a quello delle stimolazioni acustiche. Anche in questo caso i risultati scientifici sono misti: alcuni studi riportano che l’impiego di queste tecniche durante il sonno faciliti il ricordo delle informazioni apprese in stato di veglia, mentre altri sostengono che questo non funzioni sempre, ma solo in alcuni casi. Al momento si sta lavorando per ottimizzare questi sistemi, per cercare di capire quali sono i tipi di stimolazione che funzionano meglio o con più persone, dato che esistono differenze individuali. E anche in questo settore mi aspetto che nel giro di un paio d’anni escano sul mercato diversi prodotti”. Sebbene si tratti di metodi non ancora validati scientificamente al 100%, ha precisato il ricercatore, possono essere messi in commercio come dispositivi non elettromedicali e questo permette di bypassare il bisogno di approvazioni alla vendita. Sempre allo stesso scopo, possono essere impiegati anche dei farmaci capaci di alterare la neurobiologia del sonno. Si tratta, tuttavia, del metodo meno applicativo, considerati gli effetti collaterali.