Stando ai calcoli dell’Ufficio Studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, la manovra di bilancio appena varata stima, dal punto di vista della pressione fiscale un saldo netto di 12,9 miliardi di maggiori entrate tributarie sul triennio 2019-2021: 7,3 miliardi di maggiori entrate arriveranno dai contribuenti non in regola con il Fisco che utilizzeranno una delle numerose forme di regolarizzazione agevolata previste nel decreto fiscale e il “saldo e stralcio” inserito nella legge di bilancio, nonché da imprese e persone fisiche che sceglieranno volontariamente di avvalersi di regimi opzionali di rivalutazione o estromissione fiscale dei beni; 12,4 miliardi saranno invece le vere maggiori tasse applicate su banche e assicurazioni (5,6 miliardi), sulle imprese in generale (2,4 miliardi), sul settore del gioco d’azzardo (2,1 miliardi), sui grandi gruppi dell’economia digitale (1,3 miliardi), sui consumatori (0,6 miliardi) e sugli enti del non profit (0,4 miliardi); 6,8 miliardi saranno infine le note positive di riduzione del prelievo fiscale, concentrate essenzialmente sulle partite IVA individuali (- 4,8 miliardi) e sul settore immobiliare, dell’edilizia e degli interventi sulla casa in generale (- 1,8 miliardi), cui si aggiungono alcuni altri interventi marginali (- 0,2 miliardi). Resta naturalmente l’incognita della tassazione locale, posto che la manovra: non conferma il blocco in essere ormai da tre anni (2016-2018) degli aumenti delle aliquote IRAP, IMU, TASI e addizionali regionali e comunali all’IRPEF; consente espressamente aumenti fino al 50% dell’imposta comunale sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni. “Purtroppo i conti parlano chiaro – ha detto Claudio Zago, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili dell’Alto Adige (nella foto) -. Se si esclude l’introduzione della Flat Tax al 15% per le partite Iva, misura comunque limitata da troppi vincoli, siamo di fronte a una manovra che aumenta ancora una volta il carico fiscale generale. Di fronte a questo scenario macro, descritto dai numeri elaborati dall’Ufficio Studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, possono essere ancora molti gli interventi correttivi che auspichiamo: dall’attenuazione dell’aumento dell’Ires per il terzo settore a una rimodulazione della riduzione dell’iperammortamento. In particolare per quanto riguarda il non profit ci troviamo di fronte a un raddoppio delle imposte (dal 12 al 24%) sulle attività commerciali, con un gettito previsto di circa 120 milioni per il 2019 che diventerebbero 160 circa per gli anni successivi: è una tassa sulla bontà che non può essere accettata». «In questo contesto – ha concluso Zago – è importante che anche a livello locale Provincia e Comuni si adoperino per garantire alle imprese un contesto positivo per la crescita evitando di aumentare a loro volta il carico fiscale”.