In Italia soltanto un carcere su 3 rispetta la capienza prevista per i detenuti mentre nel 67,6% dei casi le strutture sono sovraffollate e hanno più reclusi di quelli che in teoria potrebbero ospitare creando situazioni di disagio e a volte di tensione nelle realtà più gremite (foto d’arch.). E’ quanto emerge da un’analisi dell’Unione europea delle cooperative Uecoop su dati del Ministero della Giustizia in relazione all’allarme lanciato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, per il picco di 53 detenuti suicidi dall’inizio del 2018. Il mondo dietro le sbarre – sottolinea Uecoop – è uno dei più complessi da gestire sia per quanto riguarda la vita dei reclusi che per il rapporto con l’esterno e i percorsi di reinserimento sociale sui quali la cooperazione sociale è da sempre in prima linea. In Italia – rileva Uecoop – a fronte di una capienza di 50.622 posti ci sono 59.275 detenuti dei quali 1 su 3 straniero. Gli istituti di pena più grandi quelli con maggiori problemi di sovraffollamento sono quelli di Napoli con Poggioreale dove si trovano 2.286 detenuti il 37,8% in più della capienza prevista e Secondigliano con 1.394 reclusi pari al 37,7% di “esuberi”, mentre un vero e proprio boom si registra nel carcere di Lecce con quasi il 74% in più dei detenuti previsti: 1.061 contro i 610 previsti dalla capienza. Ma i problemi sono anche al nord con San Vittore a Milano che ha 1.103 detenuti con il 22,3% in più rispetto alla disponibilità e Opera dove con 1.352 reclusi lo sforamento supera il 47% e alle Vallette a Torino con 1.383 reclusi si arriva al 30% in più. La cooperazione è uno strumento strategico per la gestione dei detenuti negli istituti di pena dove si paga il proprio debito con la giustizia ma dove in alcuni casi si può anche avere la possibilità – sottolinea Uecoop – di ricrearsi un percorso nella legalità attraverso progetti di istruzione, reinserimento lavorativo e sociale come già avviene per oltre 50mila persone alle quali si applicano misure alternative al carcere. In Italia infatti – spiega Uecoop – ci sono oltre 16mila condannati che hanno l’affidamento in prova ai servizi sociali, quasi 4 mila in libertà vigilata e controllata e più di 7mila impiegati in lavori di pubblica utilità. “Il percorso di reinserimento – conclude Gherardo Colombo il Presidente di Uecoop – è importante per ridurre il rischio di recidiva e per dare una prospettiva di futuro e quindi di vita non solo ai detenuti ma anche alle loro famiglie e per indicare ai figli la via delle regole e del rispetto della società piuttosto che la legge della strada”.