L’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, i cambiamenti climatici sono una bufala, l’Aids è un’invenzione e i vaccini, last but not least, causano l’autismo e nascondono gli interessi delle multinazionali del farmaco. Sono queste alcune delle idee che circolano tra i complottisti, teorie che fanno presa pur non avendo alcun fondamento e che hanno origini lontane. I risultati della ricerca scientifica, condivisi dalla comunità degli esperti, vengono messi in dubbio e a volte completamente rifiutati. Quando questo accade specie in ambiti come quello medico, le conseguenze possono essere importanti e, nel caso dei vaccini, sono sotto gli occhi di tutti. Il diffondersi di fake news e teorie del complotto ha contribuito ad alimentare anche nel nostro Paese il numero di chi è contrario alle vaccinazioni con un conseguente calo delle coperture vaccinali, in alcuni casi al di sotto della soglia raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Spingendo medici e politici a intervenire. Dell’argomento Monica Panetto ha parlato con Marco Ciardi, storico della scienza e scrittore, docente all’università di Bologna, che è in questi giorni al Cicap Fest di Padova. Il testo è pubblicato su Bo Live, il giornale web dell’ateneo (foto UniPd). Quali sono le ragioni che alimentano le teorie del complotto? “La teoria del complotto è il tentativo di cercare una spiegazione onnicomprensiva a problemi della realtà che ci mettono in difficoltà, che ci danno preoccupazione. Dunque, si cerca un’unica spiegazione per giustificare una serie di fatti che ci sembrano difficili da concepire all’interno dello schema mentale che ci siamo costruiti. In genere c’è sempre qualcuno che manovra, che ordisce: dietro ai vaccini ci sarebbero gli interessi delle multinazionali; i governi mondiali ci nasconderebbero l’esistenza dei dischi volanti. La tendenza è sempre quella di voler dare una spiegazione generale, priva di qualsiasi riferimento a prove. Un atteggiamento improponibile ad esempio per me che sono uno storico, perché la prima cosa da fare dal punto di vista storico è verificare se esistono documenti a fondamento di una possibile teoria”. Perché queste idee antiscientifiche e senza fondamento attecchiscono? “La nostra mente in determinate situazioni fa fatica ad accettare ragionamenti che siano controintuitivi, che vadano contro il senso comune. Per questo le teorie del complotto sono contrarie a ciò che afferma la ricerca scientifica. La scienza ha dimostrato che spesso le cose non stanno così come le vediamo ed è sempre sostanzialmente controintuitiva, mentre l’uomo ha bisogno di spiegazioni molto più semplici che diano subito una risposta a tutto. La scienza ci dice che la realtà è estremamente complessa e dunque le teorie del complotto diventano uno strumento che si adotta proprio perché non si riesce ad accettare che la realtà sia più complicata di quello che si pensa. Chi aderisce a queste teorie ritiene che ci debba essere una spiegazione a ogni cosa, ma non sempre è così”. Quanto incidono la rete e i social nella diffusione delle teorie del complotto? “Ci troviamo di fronte all’antico dilemma posto già qualche secolo fa da Francis Bacon, filosofo dell’età moderna. La scienza e la tecnica non sono né un bene né un male, dipende dall’uso che ne facciamo. Bisogna dunque stare attenti a non colpevolizzare troppo strumenti di comunicazione come internet e i social network, che sono anche essenziali per molti altri punti di vista. Certo è che la velocità della rete e la mancanza di controllo permettono la diffusione di un certo tipo di idee e la nascita di gruppi che dialogano esclusivamente tra loro, solo su queste tematiche e dunque si autoalimentano nelle loro convinzioni”. Il mondo della scienza ha qualche responsabilità in tutto questo, in termini di apertura verso il largo pubblico e trasparenza? “Sicuramente gli scienziati negli ultimi anni ci hanno riflettuto a lungo. Per molto tempo la scienza non è stata molto attenta alla dimensione pubblica della sua diffusione. Dal mio punto di vista bisognerebbe fare uno sforzo maggiore a partire dalle scuole, perché questo è un luogo importante per fornire gli “anticorpi” e creare un certo tipo di mentalità. A scuola si approfondiscono molte discipline scientifiche, ma non si studia mai effettivamente come funziona la scienza e quali sono i suoi metodi. Gli scienziati dovrebbero essere più attenti al modo in cui viene trasmessa la scienza, proprio a partire dalle scuole”, ha concluso Marco Ciardi.