Non e’ una novità, ma per i tantissimi turisti che si trovano in questo periodo di Ferragosto a Venezia, solo dalla lettura dei “nizioleti” apprendono qualche indicazione sulla storia della Serenissima. La maggior parte delle calli di Venezia ha nomi molto antichi e curiosi al tempo stesso, che richiamano mestieri, attività commerciali, la provenienza o il cognome degli abitanti, oppure spesso sono dedicati a Santi o alla Madonna. A volte poi il toponimo ricorda avvenimenti accaduti nei secoli passati. Nella Repubblica Serenissima, la lingua ufficiale per tutti gli atti legali e amministrativi, oltre che quella delle opere letterarie, era il veneziano e sono in veneziano, anche al giorno d’oggi, i nomi dei luoghi scritti sui “nizioleti”. Che cosa sono? Si tratta di una caratteristica segnaletica. Sono rettangoli bianchi di calce, che si trovano sui muri delle calli e in altri luoghi di transito e a circa due metri d’altezza. I toponimi spesso si ripetono ed ognuno di essi ha un significato, ricorda una storia, un evento, una tradizione locale. Molti gli esempi, tra questi: Il “Bancogiro” ebbe eco in tutta Europa (foto del Comune). Facendo una lenta ricognizione cultural-turistica, ecco alcune indicazioni di calli: Pestrin (lattaio); Pistor (panettiere); Frutarol (fruttivendolo); Becarie (macellerie); Marzer (venditore di stoffe); Frezzaria (dove si fabbricavano le frecce); Fiubera (dove si facevano le fibbie per le scarpe); dei Preti e delle Muneghe (suore); dei Ragusei, cioè degli abitanti di Ragusa (l’attuale Dubrovnik); la riva degli Schiavoni, cioè dei Dalmati; degli Albanesi, e poi le calli degli Armeni e dei Todeschi; riva di Biasio che deve il suo nome a Biagio, uomo crudele, poi giustiziato dalla Serenissima; fondamenta degli Ormesini, per la lavorazione di stoffe provenienti da Ormuz in Asia; la “Caselleria” dove c’erano i fabbricanti di casse per le merci o per il corredo delle spose; e ancora, calle delle Tette, era la zona di numerose cortigiane che si affacciavano dai balconi a seno nudo per invogliare gli uomini a fare sesso. Contarini, Mocenigo, Zane, Albrizzi etc. sono invece alcuni dei cognomi delle famiglie patrizie. I turisti, italiani e stranieri, al di là della tradizionale gita in gondola o a caccia delle Hosterie veneziane che propongono i piatti tradizionali (seppie nere, sardele in saor (marinate), e fritture di pesce o “cicchetti”, sono attratti da queste indicazioni viarie e non mancano occasioni per una foto-ricordo come quella che indica “il ponte dei pugni”, a San Barnaba. Come spiega una nota di Venezia Live, notiziario del Comune, il banco giro, è l’indicazione che si trova su campo San Giacometo, vicino al ponte di Rialto: Era, ai tempi della Serenissima, la Banca circolante di Credito, dove i mercanti avevinconano l’abitudine di frequentare per le loro contrattazioni. Nel corso del XVI secolo, numerosi banchi di prestito privati fallirono, quindi il governo della Serenissima decise di liquidare i rimanenti per evitare che la credibilità di Venezia, come piazza finanziaria internazionale, venisse compromessa. Intanto, a partire dal 1524, a Rialto, veniva messo alla prova un banco di prestito con capitali interamente pubblici. L’istituzione del “Banco di Scritta” o “del Giro”, risale al 1619 e tale nome derivava dal particolare metodo organizzativo adottato; infatti, la funzione principale del Banco Giro, non era prestare denaro, ma provvedere a pagare somme cospicue per conto dei propri clienti, di solito ricchi commercianti, per i quali era pericoloso fare acquisti al mercato portando con sé grossi quantitativi di denaro e monete che dovevano, tra l’altro, essere contate sul posto ad ogni transazione. Per gli uomini d’affari era più conveniente aprire un conto in uno dei Banchi che ogni giorno lavoravano al mercato di Rialto, ed effettuare i pagamenti semplicemente presentandosi al banchiere e delegandolo al trasferimento dell’importo richiesto. Il banchiere appuntava la somma da pagare nei propri registri ed effettuava la transazione. Si pagava così con la cosiddetta “moneta di banco” (ad esempio 10 ducati di banco corrispondevano a 12 ducati correnti) applicando un veloce “giro di partita”. Certamente era il Bancomat ante litteram. Il Banco Giro divenne, come indicato dai documenti dell’epoca, il mezzo più semplice e sicuro per eseguire le operazioni di commercio; tutti potevano aprire un deposito di denaro, più o meno consistente, che veniva registrato a suo credito ed a debito del banco, senza alcun aggravio di spesa e con la possibilità di ritirare in qualunque momento tutta la somma depositata, o la parte necessaria tanto che da tutta Europa si volle copiare Venezia: il Banco Giro di Rialto rimase in attività sino al 1811.