La “caccia” agli evasori del fisco (che agisce soprattutto tramite la GdF) è sempre aperta e anche produce introiti, resta il fatto che le perdite dell’erario restano alte. Uno studio su questo settore lo ha fatto la Cgia di Mestre. Negli ultimi 45 anni, ha segnalato l’Ufficio studi della CGIA (ass.artigiani e piccole imprese), tra scudi, concordati, sanatorie, condoni, etc., l’erario ha incassato 131,8 miliardi di euro (valori rivalutati al 2017). Considerando i gettiti delle singole misure attualizzate al 2017, l’operazione più “vantaggiosa” per le casse dello Stato è stata la sanatoria fiscale introdotta nel 2003 che ha permesso al fisco di riscuotere 34,1 miliardi di euro. Altrettanto significativo è stato quello fiscale – valutario che nel 1973 ha aperto la lunga stagione dei condoni nel nostro paese; questa misura, avviata prima della riforma fiscale che ha introdotto l’Irpef, ha consentito di incassare 31,6 miliardi di euro. Anche le sanatorie applicate negli anni ’80 sono state particolarmente “generose”: tra il condono fiscale e quello edilizio intercorsi tra il 1982 e il 1988, lo Stato ha beneficiato di 18,4 miliardi di euro. Si segnala, infine, che la voluntary disclosure (ovvero l’emersione dei capitali portati illegalmente all’estero) è stata inserita dall’Istat tra l’elenco dei principali condoni introdotti dal legislatore italiano. In questi ultimi anni (2015-2017) questa misura ha consentito un gettito di 5,2 miliardi di euro. “Premesso che l’applicazione di qualsiasi condono fiscale è, ad avviso dela Cgia, immorale ed eticamente inaccettabile – ha sostenuto il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – ha senso introdurlo solo quando è prevista una riforma che riscrive completamente il rapporto tra il fisco e il contribuente. Se, come pare di capire, il nuovo Governo è intenzionato ad avviare in tempi relativamente brevi la dual tax, l’introduzione della cosiddetta pace fiscale sarebbe giustificata, perché consentirebbe di azzerare una volta per tutte i contenziosi fiscali attualmente sul tavolo dei giudici tributari”. L’Ufficio studi della CGIA ha sottolineato che i gettiti riportati sono quelli di ciascun anno e non si riferiscono solo ad un particolare tipo di condono. Si segnala, inoltre, che gli importi sono stati ricavati dalla contabilità nazionale che, in base alle regole di imputazione, sono pressoché in linea con l’effettivo incasso. “Per semplificare i rapporti con il fisco e ridurre le possibilità di evasione – secondo il Segretario della CGIA Renato Mason – occorre abbassare le tasse e ridurre il numero di adempimenti fiscali che, invece, rischiano di aumentare ancora. Non dobbiamo dimenticare che i più penalizzati da questa situazione sono le piccole e micro aziende che, a differenza delle realtà più grandi, non dispongono di una struttura amministrativa in grado di farsi carico autonomamente di tutte queste incombenze.” Dalla CGIA hanno fatto sapere che con la rottamazione delle cartelle esattoriali l’anno scorso il fisco ha incassato 3,9 miliardi di euro. Una misura una tantum che è servita a ridare ossigeno alle nostre casse pubbliche e a “ingrossare” i risultati della lotta all’evasione che, nonostante i successi degli ultimi anni, rimangono ancora inferiori alle attese, visto che l’evasione fiscale ammonta, secondo le stime del ministero dell’conomia, a 110 miliardi di euro all’anno. Risultato in linea con i calcoli effettuati dalla Cgia. Secondo gli artigiani di Mestre, infatti, l’economia non osservata (data dalla somma del valore aggiunto riconducibile all’economia sommersa e alle attività illegali), nel 2015 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili) ha prodotto 207,5 miliardi di euro di imponibile sottratto al fisco, dando luogo ad una evasione di imposta di circa 114 miliardi di euro l’anno. Per ogni 100 euro di gettito incassato, a causa dell’infedeltà fiscale degli italiani, a livello nazionale l’erario perde 16,3 euro. Le differenze territoriali sono evidenti: se in Calabria l’evasione è al 24,7 per cento, nella Provincia autonoma di Bolzano si attesta al 12,4 per cento; il livello più contenuto d’Italia. In questa analisi, ha concluso la Cgia, l’ammontare delle imposte evase a livello regionale è stato stimato applicando al sommerso un coefficiente determinato dal rapporto tra il gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dai conti nazionali al netto dell’economia non osservato.
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