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L´antica Ugarit, a pochi chilometri a nord della città moderna di Latakia (Siria), è stata nel secondo millennio a.C. un importantissimo porto commerciale del Mediterraneo Orientale, vassallo dell’impero ittita. Gli intrecci tra spazio pubblico e vita politica in questa città del Vicino Oriente di 3300 anni fa sono l’oggetto del progetto Compus di Alessandra Gilibert, vincitrice nel 2016 di una borsa Marie Curie a Ca’ Foscari e che è ora giunta ai risultati finali della sua ricerca (foto). Avvalendosi anche di tecniche informatiche di recente sviluppo, e studiando la mappa della città, eccezionalmente conosciuta per quasi tre quinti del totale grazie alle campagne di scavo francesi, Alessandra Gilibert ha lavorato per estrarre dalla pianta della città antica informazioni sulla vita civica degli abitanti, sui modi di aggregazione e controllo, sui luoghi di antagonismo e protesta. “Comunità civica e spazio pubblico nel vicino oriente Antico” è il titolo del progetto biennale che usa Ugarit come caso studio per capire come la cittadinanza usasse le strade e in particolare le piazze della città per aggregarsi e fare politica, organizzata o informale. La ricerca è durata un biennio ed è stata collocata presso il Dipartimento di Studi Umanistici di Cà Foscari. Supervisor del progetto è Lucio Milano, professore ordinario di Storia del Vicino Oriente Antico nell’ ateneo veneziano. “L’aspetto molto interessante e anche molto critico del progetto – ha spiegato Alessandra Gilibert a Federica Ferrain la quale ha scritto un testo pubblicato sul magazinenews di Cà Foscari – è che a lungo si è ritenuto che nel Vicino Oriente Antico non ci fossero piazze, specialmente se intese come spazi pubblici con una dimensione politica. E anche la figura stessa del cittadino è stata considerata aliena alla città orientale, spesso vista come dispotica, ipercontrollata, chiusa, labirintica. Ugarit e la sua pianta provano che non è così”. Le conclusioni dello studio individuano due tipologie di piazze connesse a diversi usi politici, formali e informali, che la cittadinanza faceva degli spazi pubblici. Una è la piazza del mercato, di antica costruzione, centrale, di facile accesso e difficile controllo dal punto di vista del potere monarchico. A questo spazio ambiguo e potenzialmente antagonista fanno da contralto una serie di piazze cerimoniali di nuova concezione, costruite alla fine del XIII secolo a.C con il preciso intento di raccogliere la popolazione durante feste e cerimonie celebratorie del potere politico-istituzionale. Questa seconda tipologia di spazi pubblici aiutava a collegare il palazzo reale con i più importanti templi cittadini in un percorso pianificato e iscritto nella planimetria civica. Il caso di Ugarit getta luce su un tema – le piazze nel Vicino Oriente antico – di cui si sa pochissimo, anche solo per il fatto banale che, soprattutto nel Vicino Oriente, lo spazio pubblico è raramente oggetto di scavo archeologico. L’intuizione di questa ricerca è stata considerare e studiare non solo gli spazi pieni – le abitazioni, i templi, i palazzi – , ma anche gli spazi vuoti, quelli in cui apparentemente “non c’è niente”, arrivando alla conclusione che lo spazio vuoto è l’immagine della vita sociale di una città: le strade e le piazze si riempivano di cittadini che si muovevano liberamente, commerciavano, si incontravano, organizzavano assemblee e adunate, talvolta anche rivolte e ribellioni al potere politico, arroccato in palazzi inaccessibili.
La piazza era quindi, ben prima dell’agorà greca, il luogo di incontro dei cittadini, uno spazio democratico di pubblico accesso. Il caso di Ugarit dimostra che il potere monarchico era consapevole del potenziale politico insito nello spazio pubblico, e seguiva precise politiche urbanistiche per controllarlo. Federica Ferrain ha concluso il suo scritto ponendo in risalto come “la ricerca di Alessandra Gilibert affianca allo studio topografico l’analisi critica di fonti scritte, leggendo tra le righe e recuperando racconti di rivolte, di città con varie forme di autoamministrazione; insomma, delineando una storia diversa”.

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