La passione per Giotto e Galileo, “curiosi e creativi, nell’arte e nella scienza”, l’ha portato a progettare modelli in loro onore e per Padova, con il proposito di far incontrare passato, presente e futuro e arricchire la città di omaggi e nuovi linguaggi. Per ora restano visioni, ma Gaetano Pesce si augura che, un giorno, qualcuno vorrà realizzare le sue idee: Padova onora Galileo è il modello architettonico esposto, ora per la prima volta, per celebrare il genio e Passeggiata per Padova è un percorso “della curiosità”, pensato per collegare la Cappella degli Scrovegni a Ponte Molino. “Sono progetti pronti” e dichiarazioni d’amore per una città a cui l’architetto-designer-artista è sempre stato molto legato e alle quali si aggiungono le sculture per Mantegna (opera inedita) e Palladio. Fino al 23 settembre Palazzo della Ragione – che nel 2018 festeggia i suoi ottocento anni – ospita una mostra ricca e provocatoria che racconta sessant’anni di carriera di Pesce. Oltre duecento opere, molte di grandi dimensioni, riempiono l’ampio spazio del Salone presentando un allestimento colorato e fitto tra inediti e icone del secolo scorso, progetti architettonici originali e modelli-esperimenti, disegni, prove. Sul giornale web Il Bo dell’ateneo Francesca Boccaletto ha scritto un testo sull’artista e sulle sue opere. Pesce torna nella città che lo accolse quindicenne, con la madre pianista, aiutandolo a comprendere “la dimensione vera dell’arte e a immaginare il futuro”, lo ritrovò anni dopo impegnato con Milena Vettore e, nel 1959, immerso nell’esperienza artistica del Gruppo N. “Era un sogno dei miei anni giovanili, è una realtà di quelli avanzati – ha spiegato – Oggi riconsegno a Padova quello che mi ha regalato molti anni fa. Questa città ha il dovere di comunicare al mondo tutto quello che custodisce”. Per l’assessore alla cultura, Andrea Colasio (la mostra è promossa dal comune di Padova, con il sostegno di Fondazione Cariparo), “si tratta di una occasione unica, perché da anni la città attendeva il ritorno di Pesce. Ed è solo l’inizio, stiamo restaurando il Castello carrarese e, senza dubbio, (nel nuovo museo dedicato al design e all’arte contemporanea, ndr) uno spazio sarà dedicato. Il tempo multidisciplinare esplora il territorio della curiosità – “questa, il cui simbolo è il punto di domanda, indaga lo sconosciuto, e non il contrario perché esso è già rivelato” – e riflette su arte e design, sul tempo “personale, che non si ripete, che quando si perde non si ritrova più”, sulla ricchezza della diversità e si concentra sull’universo femminile, perché “la donna è multidisciplinare, cambia continuamente: è lavoratrice, madre, moglie, amante, è vicina al nostro tempo ma, nonostante ciò, invece di sostenerla, troppo spesso la rendiamo vittima. Oggi ancora troppe donne soffrono”. E così, a lato del Salone, l’enorme poltrona Up 5&6, quattro metri d’altezza, ricoperta di abiti femminili provenienti da diverse epoche e luoghi, circondata da colonne sulle quali figurano le teste di sei belve feroci (foto Massimo Pistore), denuncia proprio la violenza sulle donne, e non è l’unica opera di questo tipo. Negli spazi esterni del Listón, tra Palazzo Moroni e Palazzo Bo, trova posto la Maestà tradita, scultura che ricorda la sofferenza della donna martire e condanna l’aggressività maschile: una donna avvolta in un mantello di carne esposta, seduta su un trono che poggia su un alto piedistallo, ha una enorme sfera di metallo legata al piede da una catena. Accanto, imponente e spietata, si mostra L’Italia in croce (in versione ridotta dentro a Palazzo della Ragione), al centro di recenti polemiche, realizzata nel 1978 in anni fragili per il Paese, ma sul cui senso si può riflettere anche oggi: “Ognuno dovrebbe interrogarsi – ha precisato Pesce -, provando a rispondere a questa domanda: l’immagine di una Italia che soffre è ancora attuale?”.