Ai Giardini e all’Arsenale ed altri luoghi, da sabato 26 maggio a domenica 25 novembre, la 16/ma Mostra Internazionale di Architettura dal titolo “Freespace”, a cura di Yvonne Farrell e Shelley McNamara. La vernice nei giorni 24 e 25 maggio, la cerimonia di premiazione e di inaugurazione, come detto, sabato 26 maggio. “Con l’obiettivo di promuovere il “desiderio” di architettura» il Presidente Paolo Baratta ha spiegato che questa edizione diretta da Yvonne Farrell e Shelley McNamara pone al centro dell’attenzione la questione dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito. Con grande chiarezza si indica il parametro di riferimento fondamentale. Ma Space, free space, public space possono anche rivelare la presenza o l’assenza in genere dell’architettura, se intendiamo come architettura il pensiero applicato allo spazio nel quale viviamo e abitiamo. E la Mostra ci darà esempi, insegnamenti e motivi di discussione. E noi siamo grati a Farrell e McNamara per avere accettato il nostro invito e per la loro coraggiosa scelta che arricchisce con un anello importante la catena delle Mostre tenute in questi anni”. Yvonne Farrell e Shelley McNamara hanno rinnovato la finalità del loro progetto: «si è dimostrato uno strumento solido. Ci è servito come misura e come guida per trovare una coesione nella complessità di una Mostra di enormi dimensioni”. La Mostra “Frespace” si articolerà tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo 71 partecipanti. Ai 71 partecipanti saranno affiancati quelli raccolti in due sezioni speciali: la prima, nel numero di 16 partecipanti, si intitola Close Encounter, meetings with remarkable projects e presenterà lavori che nascono da una riflessione su progetti noti del passato; la seconda, nel numero di 12 partecipanti, dal titolo The Practice of Teaching, raccoglierà lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento. A proposito di queste sezioni le Curatrici hanno spiegato di aver scoperto «invenzione e creatività alla micro e alla macro scala: edifici storici rigenerati dall’intelligenza degli architetti; edifici dimenticati rivisitati e riportati alla vita; tipologie trasformative dell’abitare; necessità infrastrutturali tradotte in strutture pubbliche e civiche”. Inoltre, «una componente essenziale per assicurare la continuità della tradizione in architettura è la pratica dell’insegnamento. Molti dei professionisti invitati sono attivi nel campo della didattica. Il mondo del fare e del costruire si fonde con il mondo dell’immaginazione che viene così valorizzato in Mostra”. L’esposizone è affiancata da 63 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 6 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Pakistan, e Santa Sede (14 cappelle, firmate da architettiti di fama, sull’isola di San Giorgio Maggiore, vd.foto). Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane, è curato Mario Cucinella con il titolo di Arcipelago Italia. Anche per questa edizione si prevedono selezionati Eventi Collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con la 16. Mostra Internazionale di Architettura. Sono stati organizzati ahche due i Progetti Speciali della Biennale Architettura di quest’anno: il Progetto Speciale Forte Marghera a Mestre, a cura di Yvonne Farrell e Shelley McNamara, consiste in un’installazione degli architetti Sami Rintala e Dagur Eggertsson, realizzata anche per ospitare alcune manifestazioni in programma a Forte Marghera e il Progetto Speciale al Padiglione delle Arti Applicate presso le Sale d’Armi dell’Arsenale, si interroga sul futuro del social housing presentando un frammento del complesso di case popolari, Robin Hood Gardens, che fu progettato da Alison e Peter Smithson nell’East London e completato nel 1972. Resa possibile grazie alla collaborazione della Biennale con il Victoria and Albert Museum di Londra che si rinnova per il terzo anno consecutivo, la mostra è a cura di Christopher Turner e Olivia Horsfall Turner.