“Marino Marini. Passioni visive” alla  Collezione Peggy Guggehein di Venezia. L’artista pistoiese (1901 – 1980) ambisce a situare organicamente nella storia della scultura. Con oltre 70 opere, l’esposizione è allestita negli spazi delle mostre temporanee, nonché nelle Project Rooms del museo e nella veranda adiacente tali spazi. “Marino Marini. Passioni visive” è organizzata in collaborazione con la Fondazione Marino Marini e si avvale di un Comitato scientifico composto dai curatori e da Philip Rylands, Salvatore Settis, Carlo Sisi e Maria Teresa Tosi. L’intimità degli ambienti della Collezione Peggy Guggenheim, seconda tappa della mostra dopo Palazzo Fabroni a Pistoia, consente una inedita lettura, concentrata e ravvicinata, di più di cinquanta sculture di Marino Marini e di venti opere, dall’antichità al ‘900, con cui la scultura di Marino si è confrontata. In questo modo viene privilegiato un dialogo serrato tra le sue sculture e quelle dellatradizione plastica cui l’artista ha fatto riferimento. Sono i grandi modelli della scultura del ‘900 con cui Marino entrò in dialogo, e, soprattutto, alcuni importanti esempi di scultura dei secoli passati, un’arte mai esposta prima nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni: dall’antichità egizia a quella greco-arcaica ed etrusca, dalla scultura medievale a quella del Rinascmento e dell’Ottocento. Un simile dialogo offre un nuovo punto di vista, inaspettato e criticamente innovativo, intorno ai temi a ffrontati dallo scultore, travalicando le gabbie della cronologia, degli stili e delle periodizzazioni. In un percorso della produzione di Marino Marini esteso dagli anni ‘20 agli anni ’50, ogni sala mette in scena alcuni episodi di questo dialogo. Nelle prime due sale le teste e i busti degli esordi sono affiancati a canopi e teste etrusche, a una testa greco-arcaica proveniente da Selinunte e a un busto ri nascimentale di Andrea Verrocchio; mentre il Popolo, la terracotta del 1929 che fu il passaggio determinantedella sua svolta arcaista, è messo a stretto confronto con il coperchio figurato di un’importante sepoltura etrusca. Verso la metà degli anni ’30 Marino si concentra sul soggetto del nudo maschile e ne trae una serie di statue destinate a lasciare un segno nella scultura europea, come evidenzia, in una sala, il raffronto tra due grandi legni e due opere capitali sul medesimo tema di Arturo Martini e Giac omo Manzù. Negli stessi anni e in quelli successivi Marino Marini amplia l’arco dei suoi soggetti: in una sala successiva sono affrontati tre suoi capolavori eccezionalmente riuniti (un Icaro, un Cavaliere e un Miracolo) a riprova del sorprendente arco di linguaggi e di stili con cui l’artista, al culmine delle sue capacità espressive, intende mettersi alla prova. La mostra prosegue con una sala dedicata alle “Pomone” e ai nudi femminili che lo scultore realizza partendo da una originale e modernissima rielaborazione del classicismo post-rodiniano: Info: Marino, collezione guiggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro, 041 2405 415.

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