Molti i rappresentanti delle istituzioni presenti nell’auditorium del carcere “Due Palazzi” di Padova per l’inaugurazione dell’anno accademico per gli studenti detenuti: oltre al direttore della casa di reclusione Claudio Mazzeo e al rettore Rosario Rizzuto, alla prorettrice Daniela Lucangeli e alla coordinatrice Francesca Vianello c’erano anche, tra gli altri, il provveditore dell’amministrazione penitenziaria Enrico Sbriglia, il sindaco, il prefetto di Padova Renato Franceschelli e varie autorità. E’ stata un’occasione per riflettere e fare il punto su un’esperienza che dura da 15 anni: era il 2003 quando venne stipulata una convenzione tra università e ministero della giustizia per l’istituzione, nel carcere padovano, di un polo universitario. Oggi sono cinque le scuole dell’ateneo che mettono i loro corsi a disposizione dei detenuti: 30 i laureati finora mentre sono 27 gli iscritti ai vari corsi residenti a Due palazzi, a cui si aggiungono anche quella della vicina casa circondariale (riservata alle persone in attesa di giudizio o con condanne più brevi) e del carcere femminile della Giudecca a Venezia, per un totale di una quarantina di iscritti. Storie di chi vuole guardare oltre gli errori commessi e pensare al futuro: “Studiare in carcere non è facile, ogni laurea che riuscite a conseguire qui dentro è un grosso successo per voi, ma anche per noi – ha detto durante il suo intervento il rettore –. Per questo cerco sempre, nonostante gli impegni, di non mancare a questo appuntamento”. I dati parlano chiaro: un percorso scolastico o universitario aiuta i detenuti a darsi degli obiettivi e a inserirsi nella società una volta usciti dal carcere, con un drastico abbattimento del tasso di recidiva. La cronaca della cerimonia e sugli interventi ha relazionato sul giornale Il Bo dell’Ateneo Daniele Mont D’Arpizio. Elementi importanti per un ateneo che, come quello padovano, ha deciso di puntare verso un’istruzione sempre più aperta e inclusiva per tutti, a partire dai soggetti più fragili e svantaggiati (tra le ultime iniziative, per fare degli esempi, ci sono il General Course in Diritti Umani e Inclusione e il protocollo d’intesa tra università e ufficio scolastico regionale). Anche per questo è allo studio, da parte di università e amministrazione penitenziaria, l’introduzione tra le mura del Due Palazzi anche della laurea in scienze motorie, oggi particolarmente di successo tra i giovani. L’università mette a disposizione vari servizi a favore degli iscritti in stato di detenzione: fondamentale è l’opera di tutor e volontari, tra cui alcuni professori universitari in pensione. Per partecipare agli esami si utilizzano i permessi premio, se ci sono, altrimenti sono i docenti a recarsi in carcere; sono possibili, rispettando precise modalità, anche stage e inserimenti lavorativi. Questo non toglie che ci siano ancora alcune difficoltà, come ha sottolineato la coordinatrice Francesca Vianello, a cominciare dal fatto che l’università di Padova sia per ora l’unica a offrire un servizio del genere in tutto il Triveneto. Non è sempre semplice per i tutor e il personale universitario seguire persone detenute nelle strutture di Verona o di Trieste: per ora la soluzione è chiedere il trasferimento a Padova, mentre per il futuro si potrebbero attuare alcune forme di collaborazione con altri atenei più vicini. Lo studio, come il lavoro, serve anche ad aprire la mente, a riflettere sul proprio passato e a ritrovare dignità per la propria vita. È l’esperienza di Armand: “Sono molto contento di poter fare l’università: entrambi i miei genitori sono laureati ed erano molto delusi per il mio percorso; per me questa è un’occasione di riscatto”. Un’opportunità che rischiava di sfumare: Armand infatti era stato trasferito in un’altra struttura a causa delle nuove norme contro il sovraffollamento; alla fine però, dopo oltre tre mesi, è riuscito a tornare e a coronare il suo sogno: “Al primo esame ero teso, poi però è andato tutto bene e ho preso anche un bel voto. Merito soprattutto del professore: mi sono sentito accolto come un vero studente universitario”. Proprio alle emozioni e alla loro importanza per il nostro sviluppo cognitivo e interiore la prorettrice alla continuità formativa scuola-università-lavoro Daniela Lucangeli ha dedicato una prolusione che è stata applauditissima.

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