Quali sono i processi che portano alla formazione e alla fusione di buchi neri? Ad oggi i meccanismi non sono ancora del tutto noti e per far luce sull’argomento la Commissione Europea ha deciso di finanziare con circa 245.000 euro un progetto di ricerca dal titolo The History of Merging Compact-Object Binaries (Homerics) proposto da Mario Spera, nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska Curie. Il progetto inizierà nella prima metà di ottobre 2018 e durerà tre anni. Gli studi saranno condotti alla Northwestern University, a Chicago, per i primi due anni e termineranno all’università di Padova. Mario Spera, che ha scelto come referente scientifico di progetto Paola Marigo del dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei”, ne parlato con la redazione del giornale Il Bo dell’ateneo di Padova. I sistemi binari di buchi neri possono essere considerati tra i sistemi più misteriosi dell’Universo. La loro esistenza è stata confermata per la prima volta il 14 settembre 2015, quando gli interferometri LIGO hanno catturato il segnale di onda gravitazionale proveniente dalla fusione di due buchi neri di massa superiore a circa 30 volte quella del Sole. Da allora, sono state osservate altre quattro fusioni di buchi neri. Però, dal punto di vista dell’interpretazione, non sappiamo molto sui processi che portano due buchi neri a formarsi, incontrarsi e poi fondersi insieme. Homerics ha l’obiettivo di colmare questa lacuna interpretativa. Infatti, lo scopo principale del progetto è quello di sviluppare, e mettere insieme, nuovi codici che permetteranno di effettuare delle innovative simulazioni al computer con il fine di far luce sulla formazione e la storia evolutiva dei sistemi binari di buchi neri. Spera ha poi agginto: per capire come si formano i sistemi binari di buchi neri, dobbiamo conoscere come evolvono e come si muovono le stelle. Durante la loro vita le stelle più massicce, prima di diventare buchi neri, possono perdere più di metà della loro massa attraverso i cosiddetti venti stellari. Inoltre, molte stelle nascono e vivono insieme (sistemi stellari binari) e possono anche scambiare massa tra di loro. Questi effetti sono molto importanti per determinare la massa dei buchi neri e nel progetto Homerics userò il nostro nuovo codice SEVN per quantificarli. Mario Spera ha poi proseguetio chiarendo, tra la’ltro, che allo stesso tempo è necessario capire come si muovono le stelle. Sappiamo che nascono in ambienti dove ci sono anche molte altre stelle. Quindi, per esempio, due stelle nate lontane tra loro possono legarsi gravitazionalmente perché vengono a trovarsi vicine a causa del loro moto. Lo studio dei moti in ambienti stellari densi è fondamentale per capire la formazione dei buchi neri binari. Nel progetto Homerics svilupperò un nuovo codice (HiGPUs-RX) per ricostruire i moti delle stelle con altissima precisione. Parlando degli aspetti innovati del progetto, Spera ha precisato: il progetto Homerics è innovativo dal punto di vista tecnico perché HiGPUs-RX sarà uno dei pochi codici scientifici capace di sfruttare al meglio le più recenti tecnologie computazionali presenti sui più potenti supercomputer al mondo (i processori Xeon-Phi, schede grafiche per calcolo scientifico). Inoltre, sono molto sensibile al tema della riproducibilità e dell’open source degli strumenti e dei dati scientifici. Per questo motivo, il codice HiGPUs-RX verrà reso disponibile al termine del progetto di ricerca attraverso la piattaforma GitLab (una piattaforma open source creata apposta per lo sviluppo e diffusione di codici). Allo stesso tempo, tutti i dati delle simulazioni usate per il progetto Homerics saranno resi pubblici attraverso un sistema di archiviazione dedicato. Rendere pubblici i dati di Homerics è molto importante non solo per garantire la riproducibilità dei risultati ma anche perché questi dati saranno estremamente versatili e conterranno moltissima fisica. Per questo motivo, possono essere sfruttati da altre persone per investigare problemi astrofisici non necessariamente collegati a quelli del progetto Homerics. Mi occupo di metodi numerici per l’astrofisica e di buchi neri da circa otto anni. Ho sviluppato, ha concluso Mario Spera, il mio primo codice per studiare i moti delle stelle durante il dottorato di ricerca alla Sapienza di Roma, dove ho avuto la possibilità di specializzarmi nella dinamica dei sistemi stellari e nei metodi numerici per l’astrofisica. Mi sono avvicinato poi anche all’evoluzione stellare durante il mio primo post-doc all’Osservatorio astronomico di Padova. Lo studio dei moti e i meccanismi di evoluzione stellare sono i due ingredienti fondamentali del progetto Homerics. Attualmente, sto studiando proprio i processi fisici (per esempio, scambi di massa) che si instaurano quando due stelle si incontrano e iniziano a girare l’una attorno all’altra a distanza ravvicinata. I risultati di questo studio saranno fondamentali per capire quali sono le stelle che portano alla formazione dei buchi neri binari che possono essere osservati dagli interferometri LIGO/Virgo. L’occasione è stata per ricordare che il 14 settembre 2015, gli interferometri del progetto LIGO – Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, situati rispettivamente a Livingstone (Louisiana) e a Hanford (Washington), captarono – per la prima volta – un segnale di onda gravitazionale generato dalla collisione di due buchi neri. Una doppia scoperta, dato che nessuno dei due eventi era mai stato osservato fino ad allora. Si è trattato di un momento storico, giunto a 100 anni di distanza da una delle più importanti predizioni di Einstein, una nuova pagina dell’astronomia capace di svelare nuovi scenari della vita dell’universo.

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