Il Prosecco di qualità prodotto dai vigneti delle colline trevigiane (Conegliano-Valdobbiadene e dintorni) è costamente copiato e falsificato su quasi tutti i mercati perchè e’ un prodotto che porta grossi ritorni economici.  Ci sono tanti falsi produttori che spacciano per vino originale quello che non è, e ne traggono evidenti vantaggi che devono , come chiedono a ragione i vari Consorzi di tutela, essere perseguiti legalmente. A questo punto il Prosecco, corre su due binari lungo i quali si moltiplicano i guadagni: quello originale è molto ambito e ben pagato dai mercati; su quello taroccato, ci campano i falsari, fintantoche non vengono identificati e penalizzati legalmente.  Se il vino-bollicine produce milioni di euro ai produttori grandi, medi, piccoli, operanti non sono nella provincia di Treviso, altrettanti s’intascano coloro che spacciano il falso Prosecco. Di recente, per fare uno degli ultimi esempi in materia,  30 milioni di lattine di prosecco falso sono state bloccate sul web, vale a dire sulla più grande piattaforma di e-commerce cinese. A scoprire la truffa il Ministero delle politiche agricole, su segnalazione dei Consorzi di Tutela del prosecco. Qualche anno fa già un’altra azienda aveva lanciato il prosecco in lattina, commercio poi scoperto e perseguito. I barattoli da 200 millilitri, venduti da un negozio online britannico (Cool Cache Brands Ltd) e distribuiti sulla piattaforma di e-commerce cinese, non sono ovviamente le stesse che dieci anni fa Paris Hilton tentò di lanciare sul mercato a stelle e strisce (quelle si chiamavano Rich Prosecco, ma condividono gli stessi, pessimi risultati). In vero, non è solo il Prosecco a venir taroccato ma pure il Marzemino e altri. Con vari nomi, dal Semisecco al Whitesecco, dal Secco bianco al moldavo Prosek, dal Prosecco in lattina al Blu secco di Lucerna o a quello fatto in Crimea o in Australia: sono centinaia i falsi marchi del pregevole vino. C’è stato anche il Prosecco del Salento e in Francia nel 2015 è stato addirittura premiato un Prosecco brasiliano. Per la verità non sono mancate le frodi anche al Moët et Chandon e al Dom Perignon e succede anche al Brunello di Montalcino, al Barolo e all’Amarone; c’è pure la vendita di “wine kit” fai da te per la produzione, in soli ventotto giorni, di famosi vini italiani con tanto di etichette da applicare alle bottiglie. Ma l’assalto al Prosecco supera ogni limite. Prima il dentista inglese che consigliava di non berlo perché farebbe male ai denti, poi il produttore austriaco che ha messo in vendita sul sito cinese Alibaba trenta milioni di lattine di Prosecco falso, il cui commercio è stato fermato dagli ispettori del Ministero delle Politiche agricole e alimentari. Recentemente una prestigiosa catena distributiva inglese stava per mettere in vendita il Rosecco, un vino brut rosé come imitazione del Prosecco, subito sequestrato. Nei pub del Regno Unito vendono Prosecco “alla spina”, prassi vietata dai disciplinari di produzione in quanto il famoso vino italiano può essere commercializzato con questo nome soltanto in bottiglia e non venduto come la birra. Il vino infatti può essere distribuito anche allo stato sfuso ma solo utilizzando il termine glera, che è il nome del vitigno. È la punta di un iceberg, perché la lotta continua da anni. Secondo uno studio della Coldiretti, le esportazioni di prodotti agroalimentari made in Italy potrebbero quadruplicare se non ci fosse la contraffazione internazionale che causa danni economici e di immagine. Questa pirateria – denuncia la Coldiretti – utilizza impropriamente parole, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale, togliendo spazio di mercato alle nostre autentiche e inimitabili specialità. Imitazioni alimentari che sviluppano – secondo l’ultimo report – un fatturato di oltre sessanta miliardi di euro nel mondo. Ma le illegalità ci sono anche a casa nostra. Grossi quantitativi di Prosecco taroccato – si parla di milioni di bottiglie –- sono stati sequestrati dai Nas in decine di cantine nelle aree delle province di Treviso, Belluno e Venezia, cantine che erano pronte ad immettere sul mercato una quantità rilevante di Prosecco ottenuto aggiungendo uve provenienti da altre zone. Analizzando i registri di carico e scarico, le indagini hanno portato alla scoperta che la quantità di Prosecco prodotto nelle vigne era nettamente inferiore a quella messa in vendita, destinata per lo più ai mercati esteri. I controlli, che hanno riguardato tutte le aree vinicole del Veneto e in particolare quella di Valdobbiadene, si sono basati sulla produzione di una determinata uva per ettaro di terreno, che per le denominazioni Docg, Doc e Igt sono ben precise, confrontata con quella trovata nelle cisterne delle cantine, per cui si è scoperto chi aveva fatto “lievitare” la materia prima. Il Consorzio Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg si prodiga, con varie azioni, per difendere il prodotto e proteggerne l’immagine e, qualora siano accertate responsabilità penali, si costituirà parte civile. L’annata 2015 ha fatto registrare il record storico, con un aumento del 20% nelle bottiglie di Prosecco spedite all’estero. Nonostante il 2017 sia stato caratterizzato da un clima sfavorevole, con una produzione di uva inferiore del 7-10% rispetto al 2016, la vendemmia 2017 è stata di ottima qualità e registra un più 13% di bottiglie esportate. “All’estero non sono mai state bevute così tante bollicine italiane – afferma il presidente della Coldiretti di Treviso – con la Gran Bretagna che cresce del 10% ed è il primo mercato mondiale di sbocco che consuma circa un terzo del totale delle bottiglie esportate. Ma il Prosecco va fortissimo anche negli Stati Uniti, che si collocano al secondo posto con un balzo del 18% nelle bottiglie stappate rispetto all’anno prima. Al terzo posto la Germania con un incremento record del 21%”.

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