A Chioggia, il visitatore deve andare anche al secondo piano di Palazzo Grassi dove c’è Olivia, nel suo atteggiamento e splendore (foto Massimo Pistore); però dall’impatto visivo si possono ricevere messaggi tipo sono e resto aggressivo oppure lasciatemi vivere nei mei mari. Il nome dello squalo elefante l’hanno scelto i bambini delle scuole e non poteva chiamarsi in altro modo tale squalo simbolo del Museo di Zoologia adriatica dell’università di Padova, dedicato al naturalista Giuseppe Olivi, autore nel 1792 dell’opera Zoologia adriatica, ossia catalogo ragionato degli animali del golfo e delle lagune di Venezia. “Diamo il benvenuto mostrando subito quello che non si dovrebbe fare”, ovvero maltrattare il mare e chi lo abita, ha spiegato la professoressa Maria Berica Rasotto, biologa marina e anima del museo, fin dalla sua fondazione nel 2011. È un deciso monito, nel tentativo di insegnare il rispetto per l’ambiente, la cura e l’amore per il mare. L’esemplare di squalo elefante tassidermizzato, ospitato nella prima sala espositiva, subito introduce ed evidenzia i principi di biodiversità e vulnerabilità marina: questa maestosa femmina di otto metri venne pescata per errore nel 2003 al largo delle coste chioggiotte”. Su questa realtà del mare e dei pesci che vi vivono ha scritto un testo sul giornale il Bo dell’ateneo di Padova Francesca Biccaletto. Oggi di fronte alla sua bellezza, conservata mantenendone le dimensioni reali, si resta incantati e al tempo stesso ci si sente feriti: si tratta infatti di una specie protetta, inserita nella lista rossa dell’Iucn, Unione internazionale per la conservazione della natura, che non avrebbe mai dovuto subire un destino così crudele, restando prigioniera di una rete da pesca. Attorno allo squalo elefante e, soprattutto, alla preziosa collezione di preparati marini – con una storia che ha inizio nella Trieste della seconda metà dell’Ottocento e attraversa due guerre, fino a raggiungere la Stazione italo-germanica di Rovigno prima e, infine, la Stazione idrobiologica di Chioggia nel 1968, grazie all’impegno di Umberto D’Ancona a partire dagli anni Cinquanta – è stato costruito un intero museo. Restaurati e catalogati già a partire dal 2002, gli oltre 1.200 preparati, rappresentativi di circa 700 specie, sono stati sottoposti, nel 2010, a riconteggio definitivo, catalogazione e cambio dei liquidi, un lavoro lungo e paziente svolto da due laureate e borsiste di Biologia marina dell’università di Padova: Elisa Cenci e Nicole Chimento. Il Museo Olivi espone oggi una selezione di 350 preparati storici che permettono di conoscere la biodiversità degli ambienti marini e lagunari adriatici e riflettere sul loro stato di conservazione. Le altre sale espositive sono dedicate ai sensi, con installazioni interattive che permettono di comprendere i diversi canali sensoriali degli animali marini (se il palombo vede a colori, mette a fuoco e può contare su un ampio campo visivo, le alghe percepiscono la luce e il buio), alla rete trofica e alle tradizioni della pesca con focus sui pescatori – con cui il museo ha instaurato nel tempo un rapporto di fiducia -, ora coinvolti nelle attività del museo e nella raccolta di informazioni dal mare. In questo quadro si inserisce la realizzazione di una banca dati della pesca, con le statistiche ufficiali del mercato ittico di Chioggia espresse come quantitativi mensili di sbarcato dei diversi prodotti ittici, dal 1945 a oggi. Consultabile online, direttamente dalla pagina Biologia Marina in Chioggia nel sito d’ateneo, e dalla postazione sistemata nella sala della collezione, la banca dati è il risultato del lavoro di Andrea Sambo, Emilio Riginella e Carlotta Mazzoldi, quest’ultima attuale responsabile del museo. Realizzata grazie alla collaborazione degli operatori del settore, degli addetti dell’ufficio statistiche del mercato ittico e dei pescatori d’esperienza, la banca dati a libero accesso ha reso disponibili a tutti le informazioni storiche sui prodotti ittici dell’Adriatico settentrionale, permette di avere un quadro dei cambiamenti del pescato nel tempo e si presenta come una piattaforma in evoluzione, perché consente di fare segnalazioni e introdurre quindi aggiornamenti in tempi brevi. È del novembre 2013, per esempio, la segnalazione di piccole meduse dal colore rosso acceso in Adriatico, da parte del motopeschereccio Augusto Zennaro: una nuova specie di scifomedusa, appartenente al genere pelagia, battezzata dai ricercatori pelagia benovici in onore dello zoologo Adam Benovic. Tra i progetti portati avanti da docenti e ricercatori della Stazione idrobiologica di Chioggia, quello internazionale dedicato agli squali è certamente degno di nota. All’interno del progetto Ocean past platform, un gruppo di lavoro guidato dal dipartimento di Biologia dell’università di Padova, con l’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste, le Ong iSea (Grecia) e Planeta océano (Perù), il Centro portoghese di Storia globale Fcsh/Nova università (Portogallo), l’Istituto di Scienze del mare (Spagna) e l’Istituto Niwa (Nuova Zelanda), si è concentrato sui cambiamenti nella percezione degli squali da parte dell’uomo, proponendo un questionario online (non solo per studiosi ed esperti) tradotto in sedici lingue. Si tratta di un progetto unico nel suo genere, se si considera la sua diffusione globale, con obiettivi di divulgazione scientifica, promozione e sensibilizzazione. “Gli squali ci spaventano e ci affascinano al tempo stesso – spiega Mazzoldi -. Siamo partiti da qui, interrogandoci sulla nostra percezione degli squali e sulle differenze tra aree geografiche, culture e fasce di età. Ora ci avviamo alla conclusione del progetto, con la raccolta dei dati da tutto il mondo (sono circa tredicimila i questionari compilati, ndr), che andremo infine ad analizzare”. Il Museo Olivi è entrato a far parte del Museo Navigante, rete nazionale dei musei del mare e della marineria, un’iniziativa itinerante che svela i segreti del mare attraverso il viaggio della goletta Oloferne, imbarcazione a vela che sta facendo tappa nelle città e nei borghi dell’Adriatico e del Tirreno, per valorizzare il patrimonio culturale dei musei e dei presidi marinari.