Negli ultimi vent’anni, in Italia, ci sono stati oltre mille incidenti che hanno coinvolto più di duemila persone, con circa 400 vittime. La possibilità di ridurre queste statistiche tramite una maggiore consapevolezza delle persone ed una migliorata “macchina del soccorso”, anche grazie al contributo di AirBorne, costituisce la chiave per il consolidamento del rapporto che l’uomo ha con la montagna. Ecco che sono nati i droni robot da utilizzare a supporto delle attività di soccorso alpino (foto ateneo Bologna). Coordinato dall’Università di Bologna e finanziato dall’Unione Europea: questo è AirBorne, nuovo progetto internazionale che è stato avviato in questi giorni. Due gli obiettivi: il primo, tecnico, è quello del miglioramento tecnologico del prototipo sviluppato nel precedente progetto Sherpa, fino a renderlo industrialmente realizzabile in serie. Il secondo, di carattere sociale, è invece la creazione di una rete di servizi di soccorso basata su questa nuova tecnologia. L’Alma Mater è a capo di un team guidato da Lorenzo Marconi, docente al Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, e formato dai maggiori esponenti industriali nell’ambito del soccorso alpino: Recco, società svedese e proprietaria di una tecnologia che utilizza il radar per la individuazione di dispersi in valanga, X-Log, società tedesca di ricerca e sviluppo della tecnologia Artva già implementata sui prototipi Sherpa, ed infine Aslatech, società italiana costruttrice del quadricottero Sherpa. Il team è completato dal Club Alpino Italiano che, come utilizzatore finale della tecnologia, guiderà lo sviluppo dei droni mettendo a disposizione dei progettisti la sua consolidata esperienza. La creazione di una rete di servizi per il soccorso alpino, affiancata alla nuova tecnologia, porterà alla distribuzione capillare dell’innovativo drone robot, rendendolo accessibile a tutte le squadre di soccorso presenti sull’arco alpino e non solo. In questa seconda parte del progetto verrà coinvolta Plusvalue, società no-profit inglese esperta nella messa in opera delle strategie necessarie per la sostenibilità di un progetto, tra le quali l’accettazione della tecnologia. Il progetto (durato 4 anni) aveva portato alla creazione e sviluppo di un sistema eterogeneo di robot autonomi in grado di assistere e migliorare le operazioni di soccorso in ambiente alpino e, in particolare, di un prototipo di robot volante di tipo “quadricottero”, comunemente chiamato “drone”, dotato di uno speciale sensore per la localizzazione (determinazione della posizione) delle persone disperse in valanga. Il progetto aveva coinvolto diversi partner italiani e stranieri, sia industriali sia accademici, con ricadute sociali importanti: l’utilità di tale sistema è stata così apprezzata dalle squadre di soccorso alpino che alcuni esemplari del prototipo sono stati consegnati in vari centri di eccellenza per l’addestramento dei soccorritori, al fine di un loro futuro uso sul campo. Ora, grazie ad AirBorne, l’impatto sociale previsto attiverà una vera rivoluzione nell’ambito del soccorso alpino. La possibilità di salvare più vite umane e di migliorare la sicurezza dei soccorritori sono conquiste fondamentali se rapportate al crescente numero di persone che per tempo libero, sport e lavoro popolano montagne innevate.