Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, condivide la linea dell’Ocse: Parigi ha raccomandato di tenere conto dell’età effettiva rispetto a quella legale per la pensione. “L’Ocse conferma quelli che diciamo da tempo”, ha precisato Boeri. “Bisogna guardare a quella effettiva. E’ quella che conta”. Per Domenico Proietti, segretario confederale Uil, i dati sulle pensioni pubblicati dall’Ocse “mostrano con evidenza quanto sia urgente avviare la commissione, voluta fortemente dalla Uil, che identifichi con esattezza la spesa previdenziale e quella assistenziale nel nostro Paese, al fine di realizzare un’operazione verità”. Di questo dà notizia, tra gli altri media economici, MF. L’Italia, insieme a Danimarca e Olanda, è uno dei tre Paesi Ocse in cui chi entra oggi nel mondo del lavoro andrà in pensione dopo i 71 anni di età. E’ quanto emerge dal rapporto “Pensions at a Glance 2017” dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, secondo il quale chi ha iniziato a lavorare in Italia nel 2016 a 20 anni, in base alla legge che lega l’età pensionabile alle aspettative di vita, andrà in pensione a 71,2 anni contro i 74 anni della Danimarca e i 71 dell’Olanda. 68 anni in Irlanda e in Finlandia, mentre in tutti gli altri Paesi Ocse l’età pensionabile sarà raggiunta prima. Attualmente l’età pensionabile in Italia è di 66,6 anni, ma salirà a 67 anni a partire dal 2019 proprio in base all’ultima revisione sulle aspettative di vita dell’Istat. Ocse ha ribadito che in Italia l’età di pensionamento “effettivo”, quella cioè determinata in base ai contributi versati, è più bassa di 4,4 anni di quella di anzianità, che attualmente è di 66,7 anni. L’Organizzazione di Parigi ha pertanto invitato il governo italiano a considerare l’età pensionabile effettiva come una priorità. “L’attuale sfida per l’Italia”, si precisa nel rapporto, “consiste nel limitare la spesa pensionistica a breve e medio termine e affrontare i problemi di adeguatezza per i futuri pensionati. L’aumento dell’età pensionabile effettiva dovrebbe continuare a essere la priorità al fine di garantire benefici adeguati, senza minacciare la sostenibilità finanziaria. Ciò significa concentrarsi sull’aumento dei tassi di occupazione, specialmente tra i gruppi vulnerabili. Un mercato del lavoro più inclusivo ridurrebbe anche il futuro tasso di utilizzo delle prestazioni sociali di vecchiaia”.