Che non si viva di solo ‘Pil’ era già chiaro negli anni ’30 all’inventore del Pil stesso, Simon Kuznets. Quasi un decennio fa la commissione nominata da Sarkozy e composta – tra gli altri – da Stiglitz, Sen e Fitoussi (il primo laurea ad Honorem a Ca’ Foscari nel 2008, il secondo ospite a Ca’ Foscari nel 2014) ha incluso in un celebre rapporto 12 raccomandazioni per misurare il benessere sociale. Tra gli studiosi dell’argomento c’è Luca Corazzini (foto), da poco meno di un anno docente di Economia a Ca’ Foscari dove si occupa – in particolare – di determinanti del benessere soggettivo e di accesso ai beni comuni. Oltre al suo lavoro di docente, Corazzini è Presidente della Onlus ‘Guardavanti: per il futuro dei bambini’. Federica Scotellaro per il magazine dell’ateneo ha posto alcune domande al docente. Cosa si intende per ‘determinanti del benessere soggettivo”? “Più che parlare di specifiche componenti – cosa che richiederebbe un’attenta riflessione sul contesto socio-demografico dei partecipanti ai sondaggi demoscopici – gli scienziati sociali si sono concentrati su particolari gruppi di variabili, economiche e non. Il nuovo paradigma, ha detto Corazzini, che sembra prevalere nelle moderne scienze sociali (economia, psicologia e sociologia) è che “i soldi non fanno la felicità” e, in aggiunta alle “classiche” determinanti di natura economica – il salario, la ricchezza finanziaria – altre importanti dimensioni non economiche rivestono un ruolo fondamentale nel determinare il livello di benessere soggettivo: la salute, la qualità dei rapporti interpersonali – in primis, quelli di amicizia e affettivi -, la qualità dei servizi pubblici disponibili nel territorio, l’istruzione”. Quali investimenti si dovrebbero intraprendere per un Paese ‘più felice’? “Il ritorno di opportuni investimenti in cultura e socialità è incommensurabile. Investire in istituzioni fondamentali quali la scuola, l’università, le organizzazioni culturali, artistiche, sportive e sociali consente di creare quella società civile di cui sempre più si legge nella stampa nazionale. Un concetto (quello di società civile) sfuggente, ma che trova nella tradizione italiana – si pensi all’illuminismo napoletano del 18° secolo – la sua più alta elaborazione teorica e pratica: favorire la creazione di fiducia diffusa, nel senso di fides, ossia corda che unisce i concittadini in un rapporto di attiva partecipazione e condivisione del patrimonio culturale nazionale. Alcuni Governi, in passato, hanno istituito apposite ‘commissioni per la felicità’ per puntare l’attenzione sulla misura del benessere della popolazione. In sintesi cosa sono le commissioni per la felicità? “L’attenzione dei policy makers si è concentrata sulla definizione di indicatori di benessere più raffinati, che ponderino adeguatamente tanto le determinanti economiche di base, quanto quelle di natura sociale e culturale. Buoni dati, buona analisi: concentrare gli sforzi nella definizione di una metrica adeguata consente agli stati nazionali di poter opportunamente misurare i risultati e gli effetti di interventi istituzionali mirati. Non a caso, si pensi alla ‘commissione Sarkozy’ in Francia, istituita nel 2009 dall’allora presidente francese con l’obiettivo di definire i criteri fondamentali di misurazione del Pil nazionale includendo in esso importanti dimensioni di natura sociale, culturale e demografica”. “E a proposito della commissione Sarkozy l’effetto è stato sicuramente quello di rivalutare l’importanza di aspetti sociali e culturali nella definizione di una corretta misura di Pil. Il Pil non può (e non deve) limitarsi a “fotografare” la ricchezza economica della nazione, ma deve capitalizzare in maniera opportuna i potenziali spillovers che la ricchezza culturale e sociale possono produrre nel lungo periodo. Bisogna imparare a considerare la diversità culturale come fattore di crescita della ricchezza del paese. Valorizzare l’interazione tra gruppi culturalmente differenziati è un importante elemento di capitalizzazione sociale, come rivalutare il ruolo dell’ambiente e dell’urbanistica “umana”. Su questo, non possiamo che imparare dall’esperienza francese. Concludendo il prof.Corazzini ha ricordato di essere Presidente di “GuardAvanti – Per il futuro dei bambini”, si tratta di una ONG laica, ha spiegato, che promuove progetti di sviluppo indirizzati principalmente al benessere dei bambini e mirati ad interventi in ambiti quali l’istruzione, il sostentamento materiale della famiglia del bambino, l’inserimento sociale dei minori, tanto in Italia, quanto nei Paesi in via di Sviluppo (in particolare in Zambia, Congo, Bolivia, Tanzania e Sud Sudan). GuardAvanti nasce nel 2011 su iniziativa dell’attuale Direttore, Maurizio Magli e di un numero ristretto di “compagni di strada” che condividevano i valori ed interessi del suo fondatore. Tra questi pionieri, c’era anche il sottoscritto, compagno universitario di Maurizio Magli e da sempre interessato alle tematiche di economia dello sviluppo, cooperazione internazionale e benessere soggettivo. La filosofia di GuardAvanti è basata su alcuni principi fondamentali: il rispetto della diversità culturale nell’ottica della compartecipazione alla creazione di una cultura basata sulla cooperazione e lo sviluppo; la trasparenza nell’organizzazione della ONG e nella realizzazione dei progetti; l’efficienza gestionale e la professionalità nell’approccio progettuale. A ciò si aggiunga il principio per il quale ciascuno di noi ha talenti specifici da poter condividere con gli altri. Non è un caso che, ad esempio, GuardAvanti abbia un comitato scientifico che possa affiancare l’ufficio progetti nella progettazione “scientifica” (ossia basata sui risultati sceintificamente validi e divulgati) degli interventi di sviluppo. Esistono diversi progetti di collaborazione con gli studenti universitari, in primis attraverso i programmi di stages didattici realizzati sulla base di specifici accordi bilaterali con le istituzioni universitarie. L’ambito di intervento dello stagista è deciso congiuntamente con il presidente (il sottoscritto) e il direttore di GuardAvanti (Maurizio Magli). Lo stagista, dopo un’opportuna attività di formazione condotta in sede, gode di ampia autonomia nello svolgimento delle sue funzioni e partecipa attivamente nella progettazione e gestione della ONG.