La seta e il suo futuro, tra medicina, ricerca ed applicazioni innovative, al convegno che l’ Agenzia regionale per lo sviluppo rurale del Friuli Venezia Giulia (Ersa) ha organizzato per il 24 novembre al Polo Universitario di Gorizia. Un convegno che conclude il progetto triennale Ersa dedicato alla filiera etica e biologica della seta e che ha come obiettivo il rilancio, non solamente a livello regionale, della gelsibachicoltura. Nel Novecento le filande erano divenute fonte di lavoro, sia pur di modeste dimensioni, soprattutto per il mondo femminile (foto).  Senso e validità di questo rilanci sono sottolineati dai contenuti che al , hanno voluto dare i curatori Duilio Contin, storico della scienza e direttore della biblioteca Antiqua Aboca di San Sepolcro e Paola Coccolo, direttrice amministrativa Ersa. Se la seta è sinonimo di tessuti di pregio per la moda, il rilancio della sua produzione, riannodando i fili di una grande storia che questa produzione ebbe in Italia, è sostenuto da nuovi e diversi orizzonti nell’utilizzo di questo materiale naturale, dalle grandi proprietà. E così dalla moda e dai tessuti entriamo nei campi dell’alimentazione, dei prodotti cosmetici e soprattutto della medicina. Le suture chirurgiche in seta non sono una novità in quanto il loro impiego è secolare, ma lo sono le applicazioni medicali e chirurgiche in cui entra in gioco la fibroina, componente principale del filamento prodotto dal baco. Pensiamo alle pellicole per la ricostruzione dei tessuti umani fino agli indumenti contro le dermatiti. E questo perché la fibroina della seta è una sostanza proteica biocompatibile e biodegradabile perché ha gli stessi aminoacidi della pelle umana. Comprensibile quindi quanto nuovo interesse possa destarsi intorno alla seta e alla ripresa della sua produzione di qualità che ha rappresentato per l’Italia e per il Friuli Venezia Giulia anche un passaggio storico e culturale. Ecco perché è fortemente simbolico che sia Gorizia il punto di partenza del progetto di rilancio della gelsibachicoltura, con due mostre di successo già avvenute, la prima nel 2015 dedicata al ricco patrimonio librario della biblioteca Ersa e, nel 2016, la seconda mostra sulle filande del 900, donne e macchine protagoniste della sericoltura in Friuli e nel litorale. E’ in progettazione una terza mostra dedicata agli abiti più belli realizzati in seta, firmati dai più grandi stilisti internazionali. Dal 1869, anno di creazione dell’imperial regio Istituto bacologico sperimentale (per volere dell’imperatore Francesco Giuseppe), Gorizia divenne un centro di riferimento europeo per lo studio e le soluzioni alle malattie del baco da seta. A fine 800 erano 44 le grandi filande per la produzione della seta censite in Friuli Venezia Giulia, avviate sull’onda delle innovazioni tecnologiche che trasformavano in opportunità economica l’allevamento del baco da seta, caratteristica attività del tessuto contadino e domestico dell’epoca. La produzione della seta, a cui si legava la fondamentale coltivazione dei gelsi per dare nutrimento ai bachi, furono parte dell’economia territoriale fino alle meta del ‘900. A determinarne il declino e la scomparsa fu l’avvento dell’industria dei tessuti sintetici e l’importazione da oriente di sete di basso costo. Ma ci sono tutte le condizioni per il rilancio purché si punti alla produzione di qualità. Il progetto triennale dell’Ersa si basa su tre a convegni e mostre, ha prodotto iniziative per la formazione sulla bachicoltura rivolte ad aziende agricole e istituti agrari, con l’avvio di impianti pilota presso le fattorie didattiche, aderenti al progetto “Baco in fattoria”. (odm)

 

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