In tutto il Veneto si festeggiava un tempo il giorno di San Martino (11 novembre), ricorrenza molto popolare e che oggi è quasi ovunque sostituita con la festa di Halloween. I ragazzini giravano per i quartieri e le piazze a far rumore con la battitura di coperchi, pentole e campanacci per attirare l’attenzione della gente ed avere, allora come ora, un dolcetto o dei soldini. ″A San Martin el mosto se fa vin″ è il noto proverbio: nelle cantine è il periodo di fare il vino e le manifestazioni promozionali si moltiplicano con lo scopo di rispettare le tradizioni locali ed esaltare i prodotti tipici del territorio. A Venezia, Mestre e località dei dintorni, l’immagine di San Martino a cavallo finisce ogni anno in pasticceria. In uno stampo si prepara la pasta frolla; il dolce viene poi abbellito con cioccolatini, perline colorate e altre leccornie. E’ una tradizione molto locale, perchè se capita di andare fuori provincia, portare questo dolce in regalo è cosa che viene molto apprezzata. San Martino è patrono di numerose città e paesi: Campo San Martino, San Martino di Lupari, Peschiera, Lazise, Piove di Sacco, Povegliano Veronese, Tregnago, Vigo di Cadore e Belluno. Diffuso in tutta Europa fin dal IV secolo, il culto di San Martino vescovo di Tours si radica nella natia Ungheria. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da quella copta, era nativo nella colonia di Claudia Sabaria in Pannonia, nacque intorno al 317. A lungo se ne contesero i natali Szombathely e Pannonhalma. La città di Szombathely (un tempo Sabaria), rivendicando non senza ragione la propria continuità storica con la colonia romana, celebra in Szent Màrton il proprio patrono, vantando peraltro fin dal IX secolo l’erezione di una chiesa a lui intitolata. Nato da genitori pagani, fu chiamato al servizio militare in Francia; mandato in Gallia, ancora adolescente si convertì al cristianesimo. Lasciate le armi, condusse presso Ligugé vita monastica sotto la guida di sant’Ilario di Poitiers. Ordinato sacerdote ed eletto vescovo di Tours, fondò monasteri e parrocchie nei villaggi, evangelizzando i contadini e divenendo famoso in tutta la Gallia. Morì a Candes (Indre-et-Loire, Francia) l’8 novembre 397. E’ anche considerato il patrono dei soldati. Martino ebbe la visione che diverrà l’episodio più narrato della sua vita. Si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D’impulso tagliò in due il suo mantello e lo condivise con il mendicante. Contento di avere fatto la carità, spronò il cavallo e se ne andò sotto la pioggia, che cominciò a cadere più forte che mai. Ma fatti pochi passi ecco che il vento si calmò, il cielo divenne sereno e l’aria mite, obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ancor oggi ogni anno. Durante la notte Martino sognò Gesù che lo ringraziava e gli restituiva la metà del mantello, significandogli che il mendicante incontrato era proprio lui in persona. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Nella lirica “San Martino” Giosuè Carducci descrive l’atmosfera festosa dell’11 novembre, in un borgo della Maremma Toscana. Questo giorno è molto importante per i contadini perchè segna la fine del lavoro nei campi e l’inizio del travaso del vino dai tini, dove è stato messo a fermentare, nelle botti. All’allegria del borgo si contrappone la malinconia del paesaggio autunnale avvolto nella nebbia e colto all’ora del tramonto “tra le rossastre nubi” ed il migrar degli stormi di uccelli che come “esuli pensieri” volano nel cielo. In Italia il culto del Santo è legato alla cosiddetta estate di San Martino, all’inizio di novembre. E’ il nome con cui viene indicato il periodo autunnale in cui si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore e che nei paesi anglosassoni viene chiamata Indian summer. La festa, collocata alla fine dell’annata agricola e al principio della stagione invernale, diede origine a molte tradizioni legate all’attività agricola ed al mondo rurale. In quei giorni si completa la raccolta dei frutti, il mosto ribolle nei tini ed è prossima la svinatura. I boschi sono ricchi di selvaggina, di funghi, di castagne, di nespole. Tutto ciò è occasione di incontri, di festa, di abbondanti libagioni. Erano i giorni in cui un tempo finiva in molte zone del nord l’anno lavorativo dei contadini e si rinnovavano i contratti di affitto dei fondi rustici, dei pascoli, dei boschi. Se il padrone non chiedeva loro di restare a lavorare per lui anche l’anno dopo, questi dovevano traslocare e andare a cercare un altro padrone e un altro alloggio. Molte famiglie caricavano le povere masserizie su di un carro e cambiavano padrone e residenza. Anche nelle città divenne abituale cambiar casa proprio a San Martino, perciò “fare San Martino” è diventato un modo per significare il trasloco. (odm)

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