Uno studio a cui l’Università di Padova ha partecipato come istituzione capofila, ha analizzato il comportamento delle piante in ambiente alpino in relazione al cambiamento climatico. Il focus è sulle piante non autoctone, che stanno rispondendo al cambiamento climatico in maniera più rapida rispetto a quelle native: l’innalzamento delle temperature, dunque, crea un potenziale pericolo di estinzione. Il servizio è stato messo in onda da RadioBue dell’ateneo di Padova. Il prof. Lorenzo Marini, docente di Biodiversità e sistemi ecosistemici, ha concepito la ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista Nature Climate Change, la più importante sul tema delle Environmental Science. Il prof. Marini ha spiegato che lo studio è frutto di un progetto ventennale di cartografia floristica del Monte Baldo, uno degli hot-spot di biodiversità delle Alpi. Grazie al lavoro dei botanici del Museo Civico di Rovereto abbiamo potuto ricostruire la dinamica di espansione altitudinale di un gran numero di specie vegetali, sia native sia esotiche, in risposta al cambiamento globale. Il docente ha detto inoltre che il risultato centrale del lavoro è stato la quantificazione della velocità di espansione delle specie esotiche che è risultata doppia rispetto a quelle stimata per le specie native. Il disturbo degli habitat e la presenza di strade, combinati con il surriscaldamento globale, sembrano essere i fattori determinanti l’invasione di specie esotiche nelle nostre montagne. Secondo Marini le conseguenze di queste invasioni biologiche sono già tangibili. Un esempio emblematico è l’espansione del Senecio inaequidens, specie sudafricana particolarmente temibile in grado di invadere i pascoli montani. I pericoli legati a questa specie riguardano principalmente la produzione di alcaloidi tossici che hanno già causato numerosi casi di intossicazione, sia animale che umana, in diverse parti del mondo e nel lungo periodo ci dobbiamo aspettare un’invasione sempre più consistente di piante esotiche, anche a quote medio-alte, che andranno a impattare la già fragile biodiversità delle nostre Alpi.