Il territorio veneto presenta ancora una condizione di deficit idrico generalizzato rispetto ai valori medi stagionali. In particolar modo la situazione di carenza di disponibilità idrica nel fiume Adige mette a rischio l’approvvigionamento irriguo e in prospettiva anche idropotabile nelle zone servite da acquedotti con prelievi dal fiume. Per questo il presidente della Regione ha firmato una nuova ordinanza – dopo quelle del 18 aprile e del 16 maggio – con cui viene confermato lo stato di crisi idrica, in modo da poter attuare le misure necessarie a fronteggiare la situazione. L’ordinanza avrà validità fino al 15 luglio 2017, con riserva di modifica dei contenuti in relazione all’andamento meteorologico. Viene anzitutto stabilito che, per il periodo di validità dell’ordinanza, le utenze irrigue dovranno ridurre, a livello consorziale, il prelievo netto di portate derivate o subderivate dal fiume Adige, rispetto a quanto assentito dal decreto di concessione, in base alla portata media registrata giornalmente a Trento S. Lorenzo, secondo uno schema che prevede una riduzione percentuale progressiva a partire da 180 mc/secondo fino a 80 mc/s, al di sotto della quale la riduzione sarà del 100%. Il Consorzio di secondo grado L.E.B. dovrà convogliare almeno 6 mc/s sino all’immissione nel fiume Fratta e il Consorzio di Bonifica Adige Po almeno 2 mc/s dalla presa Bova a Badia Polesine sino oltre la città di Rovigo, e tali portate possono essere derivate anche in caso di una portata inferiore a 80 mc/s. In una nota di palazzo Balbi è detto ancora che l’ordinanza stabilisce inoltre che le utenze irrigue del bacino del Fiume Piave e quelle degli altri bacini idrografici, escluso il bacino del fiume Po, dovranno ridurre il prelievo di concessione del 12% rispetto a quanto assentito dal decreto di concessione. Per consentire l’accumulo della risorsa, vengono riconfermate le indicazioni per i gestori degli invasi idroelettrici.