Non è affatto vero che gli studenti Erasmus cercano solo feste e momenti di svago tra una lezione e l’altra. Il famoso periodo di studio all’estero, ormai diventato un rito di passaggio per almeno due generazioni, può trasformarsi in un’occasione per aiutare la comunità di cui si è temporaneamente ospiti, partendo da chi è in difficoltà. C’è un prova evidente: un gruppo di studenti internazionali a Ca’ Foscari, supportati dall’associazione studentesca ESN Venezia, da più di un mese ormai dedica la pausa pranzo di ogni venerdì a servire gli utenti della mensa popolare di San Martino, a Castello, che offre da mangiare a una trentina tra veneziani e stranieri in difficoltà. I volontari sono tutti tra i 20 e i 25 anni di età, provenienti da Francia, Portogallo e Spagna, ma anche Canada e Ecuador, e rappresentano circa una ventina dei 300 studenti internazionali che si trovano a Venezia in questo semestre con i programmi di scambio Erasmus e Overseas (foto). “Quando ho detto ai miei amici che sarei andata in Italia tutti mi hanno detto ‘farai festa tutto il tempo’ – ha detto Mafalda Prazeres, studentessa ventenne della Nuova Università di Lisbona – “Io invece volevo fare tante cose diverse, entrare in contatto con la gente, non volevo essere una turista”. Mafalda, che si è anche iscritta a un corso della Ca’ Foscari School for International Education sulla storia di Venezia, aveva già svolto esperienze di volontariato a casa, ma non si sarebbe mai aspettata di poter continuare anche qui in Italia. “A Lisbona Erasmus significa fare solo festa, non vengono organizzate tante attività diverse come qui da voi”, ha aggiunto. Ma l’Erasmus può anche diventare l’occasione per vivere, annota in un testo del magazine di Cà Foscari Giorgio Bonomi, una “vita parallela” rispetto a quella nel Paese d’origine, facendo qualcosa che non si è mai fatto prima, anche nel campo del volontariato. “In Spagna studio architettura, qui ho più tempo da dedicare ad altre attività tra una lezione e l’altra” – ha sostenuto Silvia Toraño, studentessa spagnola proveniente dall’Università di Madrid. Invece per Ben Polasek, 22enne canadese proveniente dall’Università di Regina, si tratta di “un’occasione per uscire dalla cerchia degli Erasmus. Per me è importante incontrare la gente del luogo, aiutare e restituire qualcosa alla comunità che mi ospita”, ha aggiunto. I tre studenti (foto) sono rimasti particolarmente colpiti dall’atmosfera conviviale che si è creata con quelli che nella vita di tutti i giorni sono degli estranei : “Ogni volta prima si mangia e poi, mentre gli inservienti puliscono, uno degli ospiti, un signore veneziano che ha studiato al conservatorio prima di ritrovarsi in difficoltà, suona il pianoforte per gli altri. E’ una specie di rituale, e si è creata una certa familiarità tra noi, gli inservienti e chi frequenta la struttura”, ha detto ancora Mafalda.

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