In attesa di poter analizzare il testo ufficiale del Def, dalle indiscrezioni emerse fino a ora, fanno sapere dalla CGIA (ass.artigiani e piccole imprese di Mestre), non è chiaro come il Governo affronterà la clausola di salvaguardia che dovrà essere sterilizzata entro la fine di quest’anno. Ovvero, come verranno recuperati i 19,5 miliardi di euro necessari per scongiurare l’aumento dal primo gennaio 2018 dell’Iva e un incremento delle accise sul carburante? A chiederselo è la CGIA che in una nota ha precisato: “Vista la situazione dei nostri conti pubblici – come ha segnalato il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – è molto probabile che il Governo non sarà in grado di recuperare con la legge di Stabilità tutti i 19,5 miliardi necessari per evitare che, dal 2018, l’aliquota Iva del 10 passi al 13 e quella del 22 al 25 per cento. Ricordo che un aumento di un punto dell’aliquota ridotta costa agli italiani poco più di 2 miliardi e quella ordinaria 4. Pertanto, non è da escludere che dei 19,5 miliardi l’esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte, almeno 14-15. E visto che la spesa corrente al netto degli interessi sul debito è destinata ad aumentare ancora, la quota rimanente dovrà essere recuperata con nuove entrate, con il ritocco, ad esempio, di un punto di entrambe le aliquote Iva”. Altresì, il Segretario della CGIA Renato Mason ha ricordato: “Di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta, l’eventuale aumento dell’Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e conseguentemente tutta l’economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti che sono concentrate prevalentemente al Sud”. In termini assoluti sarebbero i percettori di redditi più elevati, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose. “Oltre alle famiglie più povere – ha concluso Mason – a essere penalizzate dall’eventuale aumento dell’Iva sarebbero anche gli artigiani, i commercianti e tutto il popolo delle partite Iva. Queste realtà, infatti, vivono quasi esclusivamente di domanda interna. Con un’Iva più pesante, quasi certamente i consumi subirebbero una contrazione importante, danneggiando queste attività economiche che non hanno ancora superato la fase critica di questa crisi”.

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