Vocazione globale e balzo da “gazzella”. È l’export il petrolio del made in Padova che alimenta i primi segnali di ripresa. Il 2016 è stato un anno record per l’export padovano che realizza il miglior risultato di sempre. Una crescita su base annua del 4,2% che distanzia il Veneto (+1,3%) e l’Italia (+1,2%) e stampa il record di commesse estere che supera per la prima volta i 9 miliardi di euro (9,12 miliardi) e si traduce per le aziende in 367 milioni di commesse in più. Il balzo nei mercati extra-Ue, lo scatto a doppia cifra di Stati Uniti, Cina, India, il ritrovato segno positivo della Russia (dopo il crollo per sanzioni e crisi), confermano un’industria tonica e reattiva nell’intercettare la domanda mondiale, ma agitata dai venti di protezionismo. Determinante per il risultato è anzitutto la performance degli Stati Uniti, terzo paese di importazione dei beni made in Padova (dopo Germania e Francia), vero Eldorado per dinamica e volumi. Uno scatto del 14,9% nel 2016 (Veneto +3,7%, Italia +2,6%) che in valore assoluto vuol dire 706,4 milioni di commesse. Risultato ancora più eclatante se si risale al principio della crisi: dal picco negativo nel 2009, in sette anni il valore delle vendite padovane negli Usa è quasi triplicato (+173,8%): da 258 a 706 milioni. A guidare la corsa è la metalmeccanica, ottime performance (ma volumi più contenuti) per sistema moda e agroalimentare. Nel 2016 la riscossa del made in Padova riguarda i principali mercati extra-Ue (eccetto il Brasile). Ancora migliore degli Usa, ma con volumi inferiori (177 milioni) è la performance della Cina: un +15,8% che riporta la variazione in terreno positivo (-6,2% nel 2015). Aumenta del 27,5% l’export in India. Ma la novità principale è il ritrovato segno positivo della Russia, con una crescita del 4,4% a dispetto di sanzioni e crisi, dopo la caduta nel 2015 (-40,4%). La proiezione internazionale dell’industria padovana trova conferme nel lungo periodo. Negli ultimi dieci anni (2005-2016) la crescita più rilevante è avvenuta nei nuovi mercati, la cui quota aumenta di 5,4 punti: dal 34,8 al 40,2% delle esportazioni provinciali. Dove per nuovi mercati si intendono tutti i Paesi del mondo ad eccezione delle economie di più antica industrializzazione, e cioè Ue a 15, Stati Uniti, Svizzera, Norvegia, Canada, Australia e Giappone. Il valore complessivo dell’export padovano nel periodo è cresciuto del 44,2%. Ma se i mercati tradizionali segnano un +32,2%, i nuovi mercati stampano un +66,7%, a un ritmo medio annuo del 5,4%. Merito di qualità e capacità imprenditoriali. Ma anche del crollo dei consumi interni, che ha spinto a cercare nuovi sbocchi oltre confine. Tra le nuove rotte, spiccano Polonia con un aumento medio annuo dell’export del 10,1%, Cina (+10,4%), India (+10,1), Russia (+5,5), Turchia (+8,2%). Anche se le quote relative restano contenute. I mercati tradizionali sono ancora gli sbocchi di riferimento del made in Padova: oltre 5,4 miliardi nel 2016 e una crescita media annua del 3,3%. Ma la quota complessiva è scesa dal 65,2 al 59,8%. Germania e Francia assorbono da sole il 23,8% delle esportazioni.
“Allargare i confini, essere presenti nei mercati, attrarre investimenti, è questa la sfida. La ripresa globale oggi dà segni di vivacità, ma il diffondersi del protezionismo è un forte rischio – ha dichiarato Massimo Finco, presidente di Confindustria Padova -. Di fronte a tendenze protezioniste senza precedenti, come i dazi annunciati dall’amministrazione Trump, abbiamo il dovere di difendere i principi del libero mercato, in un quadro di regole paritarie e condivise, e di spiegare che da una “guerra commerciale” avrebbero tutti da perdere. Oggi c’è fame di Italia nel mondo e ce ne sarà sempre di più. Come aziende dobbiamo essere pronti a intercettare questa domanda, non stancarci di puntare sulla qualità che è anche la miglior risposta ai dazi, sapendo però che esportare prodotti non basta più, dobbiamo presidiare i mercati con un mix di prodotti e servizi, stare vicini al mercato e al consumatore. Ma anche cambiare un Sistema Paese che non dà e invece toglie competitività alle aziende. Pretendere dalla politica e dalla diplomazia economica, italiana e Ue, un’azione compatta e decisa sul diffondersi del protezionismo, la fine immediata delle sanzioni alla Russia che penalizzano fortemente le nostre filiere produttive, la difesa e la valorizzazione del made in Italy. La formula vincente del made in Italy che mette insieme l’esportazione dei nostri prodotti-servizi e l’affermazione nel mondo di tecnologie, materie prime, approccio ai mercati, stile di vita italiani chiede al sistema pubblico, ha concluso Finco, un sostegno più strutturato ed incisivo, anche focalizzando la rete di ambasciate e consolati nella priorità della promozione economica”. Considerando le prime 20 province italiane per valore assoluto dell’export, Padova si conferma al 14° posto con il 2,2% del totale nazionale (e il 15,7% del totale veneto). Il 55,3% dell’export padovano è costituito da prodotti metalmeccanici (5 miliardi). Seguono i prodotti della chimica-gomma plastica (974 milioni, 10,7%), del sistema moda (955 milioni, 10,5%) e dell’agroalimentare.