Con oltre 95.000 visitatori dalla sua apertura, il 12 novembre 2016, giunge alla sua ultima settimana la mostra La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi. Una retrospettiva, a cura di Luca Massimo Barbero, aperta fino al 13 marzo. Pubblico e critica ne hanno sancito l’assoluto successo. “Tancredi, un’arte tutta da scoprire” si leggeva sulle pagine de la Lettura – Corriere della Sera, a cui hanno fatto eco il Financial Times, che ha definito il pittore feltrino “l’artista del mondo fluttuante”, e Repubblica che ha parlato su Robinson del “lirico Tancredi”. Come ha spiegato il curatore Barbero: “Si tratta di una mostra piena di vita, che cerca di definire, sala dopo sala, l’alfabeto visivo di questo grande talento della scena artistica italiana del secondo dopoguerra. Istintivo e intellettuale, Tancredi riuscì a creare una rapporto diretto e velocissimo tra la propria mano, il pennello e la tela, fino a realizzare opere fatte d’aria, quadri leggeri, la cui pittura sembra volare su ali di farfalla”. Con oltre novanta lavori, questa retrospettiva ha sancito il grande ritorno a Venezia di Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964), tra gli interpreti più originali e intensi della scena artistica italiana della seconda metà del ‘900. Tancredi è stato l’unico artista, dopo Jackson Pollock, con il quale Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera, facendola conoscere ai grandi musei e collezionisti d’oltreoceano e organizzando alcune mostre, come quella del 1954 proprio a Palazzo Venier dei Leoni. Dopo oltre sessant’anni, dunque, l’artista è tornato, per quattro mesi, protagonista indiscusso alla Collezione Peggy Guggenheim con una straordinaria selezione di lavori, che hanno ricostruito in modo intimo e capillare, tra produzione creativa ed emotività prorompente, la parabola breve, ma folgorante, di questo grande interprete dell’arte del secondo dopoguerra.