Festeggerà 64 anni il prossimo 9 aprile e in anticipo ha ricevuto come regalo di compleanno la ristampa del suo libro “Nessuno dovrà saperlo”, in edizione limitata e numerata. Stiamo parlando di Bruno Zanin, il Titta di “Amarcord”, l’attore che nel capolavoro di Federico Fellini interpretò la figura giovanile del grande regista (sono rimaste famose le scene dei momenti d’intimità con la prosperosa tabaccaia, sollevata di peso dall’aitante giovanotto, e con la Gradisca nel buio di un cinema). Fabio Franceschi, presidente della Grafica Veneta, ha voluto donare personalmente a Zanin la prima delle centinaia di copie dell’opera uscite dalle rotative di Trebaseleghe (Padova). Un omaggio alle comuni origini, visto che l’autore è nato a Vigonovo, nel Veneziano. «E un modo per riconoscere il valore di un artista che non sempre dalla vita ha avuto tutte le fortune che meritava», ha detto l’imprenditore Franceschi.
Zanin, figlio di contadini, venne mandato a studiare in un collegio religioso del Piemonte fino alla terza media e lì, durante una gita in montagna, fu violentato da un sacerdote. A causa di quel trauma, le strade del mondo sono state la sua scuola di vita. Ha consumato più esistenze, fatto diversi mestieri, cambiato molti Paesi, case e lingue, ma non il suo sguardo allarmato sul mondo e sui suoi abitanti, preferendo a volte la compagnia dei cani e delle capre, e la vista su dirupi di montagna, alla compagnia dei suoi simili e alla vita in un appartamento di città. Attualmente lo scrittore abita alle pendici del monte Rosa. Ha due figli che vivono all’estero. Nell’esergo di “Nessuno dovrà saperlo” si legge: «Opera d’esordio di Bruno Zanin, ispirata alla sua vita giovanile. Romanzo di formazione e di espiazione, dedicato a tutti coloro che hanno subìto violenze e abusi da bambini; a quelli che non hanno saputo o potuto superare il trauma e la vergogna e si sono tolti la vita o se la sono devastata in mille modi; ai più fortunati che hanno trovato invece il coraggio di denunciare e la forza per superare e perdonare». Poi una dedica: «A Papa Francesco, che ha impugnato il bastone per sanare questa piaga ignominiosa all’interno della Chiesa».
Erano passati quasi dieci anni dalla prima edizione, edita da Tullio Pironti, e il romanzo, tradotto anche in spagnolo, risultava introvabile. Di qui la decisione di Franceschi di ristamparlo e di farne dono a Zanin perché potesse accontentare le richieste dei molti lettori che lo cercano invano nelle librerie. Dopo aver lasciato definitivamente il cinema e il teatro, provato il carcere da innocente, fatto il volontario e il corrispondente di guerra in Bosnia Erzegovina, combattuto la depressione, Zanin continua il suo cammino con un peso interiore che trova sfogo nelle pagine del romanzo e che lo scrittore padovano Ferdinando Camon ha così descritto sulla “Stampa”: «Non è un libro, è una vita. Una sapiente, allucinata, ingenua-veritiera descrizione-narrazione di quel mondo nascosto, dove succede ciò che “nessuno dovrà sapere”. Zanin voleva alzare un grido al mondo. Ecco, il grido arriva, lo sentiamo. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Chi legge questo libro, non lo dimenticherà».

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