Nel 2016 il settore florovivaistico veneto ha confermato di attraversare una fase di transizione: calano ancora le aziende e le superfici, ma le quantità prodotte risalgono. Nonostante alcuni segnali positivi, legati alle certificazioni e alla propensione all’esportazione, permangono tuttavia le difficoltà di mercato, fortemente influenzate dalla debolezza della domanda interna e dai prezzi. La ristrutturazione del settore non pare essere ancora del tutto conclusa, come si può cogliere dai dati sulle fonti di approvvigionamento e sui canali commerciali che indicano come siano in atto ulteriori cambiamenti nelle scelte strategiche da parte delle aziende, nel tentativo di trovare soluzioni migliorative per affrontare il mercato. È questo, in sintesi, quanto emerge dall’analisi annuale effettuata dagli esperti economici dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario. Il numero di aziende venete attive è sceso a 1.491 unità (-2,4% rispetto al 2015): in calo soprattutto le province di Rovigo (-4,5%), Vicenza (-4,2%). Padova, seppur in flessione dell’1,3%, si conferma la prima provincia per numerosità delle aziende (456), seguita da Treviso (316), che presenta però un calo più rilevante (-3,4%). La superficie destinata al florovivaismo in Veneto è leggermente diminuita, scendendo a circa 2.730 ettari coltivati (-1,1%). La flessione riguarda esclusivamente le superfici coltivate in piena aria (2.070 ha, -1,6%), mentre sono in ripresa quelle in coltura protetta (circa 660 ha, +1%). A livello provinciale, Padova (900 ettari) e Treviso (circa 500 ettari) fanno segnare le maggiori flessioni in valore assoluto, perdendo circa una ventina di ettari ciascuna; da segnalare le maggiori superfici coltivate a Verona (465 ettari) e Rovigo (290 ettari circa), trainate dall’aumento di ettari destinati a vivaismo frutticolo. C’è comunque una nota positiva: la produzione complessiva regionale viene stimata a poco meno di 1,5 miliardi di pezzi, in crescita del +7,3% rispetto al 2015. Risultato fortemente influenzato dal comparto del vivaismo orticolo, la cui produzione supera l’1,1 miliardi di piantine (+9,5%); in aumento anche la produzione del vivaismo frutticolo (18,6 milioni di piante, +11,8%), mentre è sostanzialmente stabile quella di piante ornamentali e in flessione l’output del vivaismo viticolo (-9%). La produzione di materiale vivaistico torna a rappresentare una parte rilevante della produzione veneta, con una quota del 77% (+18 punti percentuali rispetto al 2015) mentre il rimanente 23% è costituito da prodotto finito. Il fatto che il settore non sia ancora del tutto uscito dalla situazione di difficoltà trova riscontro nella stagnazione del valore della produzione che nel 2016 si è attestato a circa 206 milioni di euro, in leggera crescita rispetto all’anno precedente (+0,5%), ma con un andamento alquanto altalenante negli ultimi cinque anni. Va detto, tuttavia, che questo risultato è frutto di dinamiche contrapposte tra le diverse macro-attività del comparto: la produzione di fiori e piante (52,6 milioni di euro) e la produzione vivaistica (circa 28 milioni di euro) sono entrambe in calo dell’1%, mentre il servizio di sistemazione di parchi e giardini offerto dalle imprese ha quasi raggiunto i 125 milioni di euro (+1%). Rispetto alla provenienza delle forniture, è in ripresa la scelta di auto approvvigionamento del materiale di base, utilizzata in maniera massiccia dalle aziende del vivaismo orticolo, dove costituisce l’80% della provenienza del materiale di lavorazione, e il 61% degli approvvigionamenti per gli altri comparti. Da segnalare il forte calo delle forniture provenienti da paesi esteri dell’Unione Europea, a favore di un incremento delle forniture nazionali e soprattutto da altri paesi extra-UE, in particolare per quanto riguarda i comparti ornamentali e frutticoli. Per quanto riguarda i canali commerciali, l’aumento della produzione di materiale vivaistico ha portato con sé la conseguenza di una ripresa delle vendite ad altri vivaisti e/o aziende agricole, la cui quota si è riportata al 77,4% sul totale; tutti gli altri canali di vendita (a privati/hobbisti, dettaglianti e grossisti), registrano un calo. Poche variazioni invece per quanto riguarda l’area di commercializzazione: si segnala la flessione delle vendite a livello regionale, la cui quota sul totale scende dal 22,6% al 21,5% e locale (33,1%) a favore dell’aumento della quota di vendite destinate all’estero in ambito UE, che registrano un’ulteriore crescita passando dal 5,2% al 6,3%, e delle vendite sul territorio nazionale (38,7%). Positivo, in tal senso, il calo delle aziende iscritte come “piccolo produttore” (684 aziende, -5,9%) a fronte di una crescita di quelle iscritte al Registro Unico dei Produttori (820 aziende, +1%) e all’incremento ancora più consistente di quelle in possesso dell’autorizzazione all’uso del Passaporto fitosanitario necessario per l’esportazione (410 aziende, +7,6%). Se a ciò si aggiunge la crescita registrata nelle aziende che hanno ottenuto la CAC (Conformità Agricola Comunitaria) necessaria per la commercializzazione nell’UE, che nel 2016 sono state 225 (+5%), è ipotizzabile una maggiore propensione e capacità delle aziende venete ad esportare nei mercati esteri.

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