Osservare quanto resta di un relitto navale romano che giace a oltre 120 metri di profondità al largo di Panarea, non è più un’esclusiva di pochi specialisti. E’ ora possibile raggiungere virtualmente i resti della nave ‘immergendosi’ come in un videogioco per vederle come dal vivo e scoprirne il carico e la rotta, interrotta, oltre duemila anni fa, probabilmente da condizioni meteo avverse. Questo lo consente la tecnologia: elaborando le fotografie scattate per la Soprintendenza del mare della Sicilia da operatori tecnici di alto fondale, Alessandro Piras, studente della prima edizione del Master in Digital Humanities di Ca’ Foscari, ha realizzato una ricostruzione del relitto tridimensionale e ad alta risoluzione. Nel suo progetto di master, Exhibit the impossible, lo studente ha sfruttato la computer vision, il complesso di processi che permettono di estrarre informazioni da immagini in modo da riprodurre la vista umana. In particolare, ha usato la tecnica ‘structure from motion’, con la quale è possibile ricreare un modello del mondo reale, in 3D, partendo da immagini bidimensionali. La ‘visita’ è arricchita da ‘punti informativi’, con approfondimenti archeologici, che l’utente può esplorare, ottenendo contenuti che spaziano dal carico della nave al contesto storico generale. Il progetto sul relitto di Panarea sarà portato avanti nella seconda edizione del Master, con lo sviluppo di nuove funzionalità. “Tra le molte applicazioni, le ricostruzioni 3D permettono anche di far accedere gli utenti in modo realistico a spazi altrimenti impossibili da visitare per la maggior parte delle persone – ha illustrato Andrea Torsello, professore di Informatica al Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica – ad esempio un relitto che giace a grande profondità”. Questo principio è alla base delle sperimentazioni iniziate dal gruppo di ricerca sulla Computer vision diretto da Torsello, come è segnalato in una news di Cà Foscari.Grazie alla collaborazione con l’archeologa Marie Curie fellow Arianna Traviglia, le tecniche informatiche si coniugano con lo studio del passato, producendo modelli 3D che permettono di visualizzare contesti archeologici irraggiungibili ai più e dando la possibilità di visitarli in maniera interattiva. “La modellazione 3D trova da molti anni svariate applicazioni nell’ambito dell’archeologia costiera, marittima e subacquea” – come ha confermato Arianna Traviglia da Perth, Australia, dove si trova per la sesta conferenza internazionale di Archeologia subacquea (IKUWA6), che ha co-organizzato. Due sessioni della conferenza, in particolare, vertono proprio sugli ultimi sviluppi tecnologici relativi all’identificazione, allo studio, al monitoraggio e alla conservazione di paleo-paesaggi sommersi e siti subacquei. Una di queste, presieduta da Arianna Traviglia, prenderà in esame le metodologie di telerilevamento più utilizzate per individuare e rilevare strutture e paesaggi archeologici sommersi.